PRESENTAZIONE
Il nuovo anno liturgico, che con la Chiesa, popolo di Dio in cammino nella storia, ci accingiamo ad iniziare, attraverso il dispiegarsi dei tempi liturgici, lo vogliamo vivere non solo come la celebrazione dei misteri salvifici della vita del Signore crocifisso e risorto – ed è questa la sua propria natura! – ma anche come opportunità per sviluppare un’ampia riflessione comunitaria sulla sinodalità. Ritengo che sia pertinente il contesto liturgico per cogliere la dinamica del dialogo, che è caratteristica dello stile sinodale, senza dimenticare che essa è a fondamento della dimensione ecclesiale della fede e della vita cristiana. Che cosa è la fede se non la risposta a Dio che parla? E la vita cristiana che cosa è se non l’operatività della fede? Prendere allora coscienza del carattere dialogico della liturgia, potrà sicuramente aiutare le nostre comunità a vivere questo tempo come occasione propizia per rilanciare lo stile sinodale, che sempre più deve caratterizzare la missione pastorale della Chiesa diocesana così come quella della Chiesa universale. Il ritrovarci in assemblea per la celebrazione dei divini misteri, nell’ascolto della Parola e nella risposta orante dei partecipanti, è l’essenza della prassi celebrativa cristiana.
Il popolo di Dio per sua natura ha il suo luogo identitario nell’assemblea raccolta per incontrare il Signore. Esso trova il suo fondamento già nell’esperienza dell’antico Israele, come testimoniano le adunanze solenni per la stipula o il rinnovo dell’alleanza con Dio nei passaggi cruciali della sua storia, senza dimenticare che anche il tempo dell’ascolto della Scrittura nella liturgia del sabato, giorno dell’adunanza settimanale di Israele, è intrecciato di ascolto e risposta. Se questo era vero per l’antico Israele, è tanto più vero per il popolo della nuova alleanza, che nasce dall’annuncio del Regno fatto da Gesù e dal suo sacrificio pasquale. Con Lui l’arte del dialogo nella comunicazione della fede diventa elemento imprescindibile. Guardando al suo stile missionario si evince chiaramente che egli ha scelto non di “far piovere dall’alto” le verità che annunciava, ma di farle arrivare alla mente e al cuore dei suoi interlocutori attraverso la proposta dialogica, intessuta di ascolto e di confronto, partendo sempre da una concreta aderenza alla vita e alla storia. Il Regno viene da Lui offerto attraverso la Parola condivisa, che è poi testimoniata dal dono della vita che Egli fa sulla Croce. E tutto questo lo fa passare nei segni sacramentali che riattualizzano, rendendolo presente nell’oggi, il sacrificio della nuova ed eterna Alleanza, fonte costitutiva della Chiesa.
Come popolo redento dalla Pasqua di Gesù, nel nostro convenire attorno all’altare e negli altri segni proposti dall’azione liturgica, ci riconosciamo popolo in cammino verso il compimento della storia, che si avrà quando tutto sarà ricapitolato in Cristo. L’essere convocati in “assemblea santa”, se da un lato manifesta, in ragione della ministerialità di ogni battezzato, la diversità dei membri che la compongono, dall’altro stimola a ricercare una sinfonia armonica tra tutti, chiamati a vivere il Sacerdozio battesimale. Nei diversi ruoli esercitati durante le celebrazioni liturgiche, deve sempre manifestarsi e attuarsi il bene dell’intera comunità celebrante, che è la lode a Dio e la santificazione del popolo a lui consacrato. Così l’atto liturgico, nell’intreccio dei diversi elementi che lo caratterizzano, fa emergere la natura dialogica della Chiesa: celebrazione e sinodalità sono realtà tra loro imprescindibili, in quanto fanno riferimento alla medesima dinamica assembleare. Il dialogo rituale sarà la fonte a cui ispirarsi per le scelte operative che troveranno poi piena attuazione proprio nella vita pastorale, sia nella sua declinazione diocesana sia nelle comunità parrocchiali, localizzazione ultima della Chiesa in un territorio. Infatti queste espressioni ecclesiali, condotte sotto l’azione dello Spirito Santo, sono una chiara manifestazione di quella realtà teologica che è la Comunione Trinitaria, che la liturgia è chiamata a celebrare e la vita ecclesiale a tradurre in gesti e scelte di testimonianza e di fede, nel tempo e nello spazio della storia. Il dialogo ecclesiale è allora la scelta che, partendo dalla celebrazione, porta la Chiesa a realizzare nel mondo la connessione tra ciò che si crede e ciò che poi si è chiamati a vivere.
Ho fiducia che con l’impegno di tutti il nuovo anno liturgico che ci accingiamo a iniziare sarà per la nostra Chiesa diocesana autentica scuola di sinodalità, dove tutti sapremo metterci in gioco per costruire comunità vive che testimoniano il Vangelo in un mondo che, seppure inconsapevolmente, continua ancora a cercare Dio.
+ Giuseppe Favale