L’Epifania del Signore è una festa di luce. È la festa della “luce vera venuta nel mondo” (cf Gv 1,9), venuta per illuminare che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte (cf Lc 1, 79). Quest’oggi, con la venuta e l’adorazione dei Magi si compie la profezia di Isaia ascoltata nella prima lettura: “Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere” (Is 60,3). Questi uomini giunti da lontano, guidati da una stella, vengono a Betlemme e si fermano nel luogo dove si trovava il bambino. Vistolo con Maria sua madre, prostratisi, lo adorano offrendogli i doni che gli avevano portato: oro, incenso e mirra (cf Mt 2,9-11). Quel Bambino è la luce del mondo (cf Gv 8,12) ed è lui che illumina Betlemme e la vicina città di Gerusalemme. La sua presenza dà attuazione alla stupenda visione del profeta, che rivolgendosi alla città santa, la invita ad alzarsi, a rivestirsi di luce, “perché viene la tua luce” (Is 60,1). La nascita nella nostra carne del Verbo eterno di Dio fa sì che il giorno del Signore, giorno di salvezza e di riconciliazione, inizi a diffondere la sua luce, una luce che deve raggiungere i confini della terra, perché “tutte le genti sono chiamate in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo” (Ef 3,6), come ci ha detto l’apostolo Paolo nella seconda lettura.
I Magi sono l’annuncio profetico della chiamata universale alla salvezza, che si attua in Cristo nato, morto e risorto. Loro sono i rappresentanti dell’umanità, di tutti i tempi e di tutti i luoghi, in cammino, fra le tenebre che ricoprono la terra e la nebbia fitta che avvolge i popoli (cf Is 60,2), verso la luce vera, quella che illumina ogni uomo (cf Gv 1,9), dalla cui pienezza tutti possono poi ricevere grazia su grazia (cf Gv 1,16). L’annuncio della salvezza compiutasi in Cristo deve attraversare tutte le generazioni umane, perché è diritto di ogni uomo sapere che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,16-17). E questo è il compito della Chiesa, che ha ricevuto dal Signore risorto il mandato di andare nel mondo per proclamare il Vangelo ad ogni creatura (cf Mc 16,15). Se la Chiesa non portasse la luce del Vangelo nel mondo, verrebbe meno ad un suo precipuo dovere! La Chiesa esiste per evangelizzare, diceva il Beato Paolo VI nella Evangelii nuntiandi! E aggiungeva: “Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda” (n. 14). E alla luce di questa verità, ogni battezzato nella Chiesa dovrebbe dire con l’apostolo Paolo: “annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor 9,16).
La festa odierna ci viene offerta per riscoprire, oltre che la chiamata universale alla salvezza, l’attualità e la bellezza della vocazione missionaria, che è di ogni discepolo di Cristo. Il Bambino di Betlemme è il Figlio di Dio, che si è manifestato nella nostra carne, per essere il Salvatore dell’umanità. “Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo”, insegna il Concilio nella Gaudium et spes. Da questo ne viene che “solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (n. 22). Questa è la salvezza che la Chiesa deve annunciare ad ogni uomo, ad ogni donna che viene al mondo. Cristo è il nuovo Adamo nel quale è possibile riscontrare gli autentici lineamenti dell’uomo, così come è uscito dalle mani creatrici di Dio. Solo in Cristo l’uomo realizza pienamente se stesso!
Questo sicuramente hanno sperimentato i Magi quando hanno visto il Bambino, dopo il lungo viaggio guidato dalla stella. È vero, il racconto evangelico è molto scarno a riguardo, però possiamo immaginare quel che è avvenuto in loro dopo l’atto di adorazione compiuto dinanzi al Bambino. Una luce abbagliante li ha folgorati e ha cambiato per sempre la loro vita. Ritornando al loro paese, non erano più gli stessi, erano uomini nuovi, proprio grazie a quel Bambino!
Oggi è la Chiesa la stella che deve guidare gli uomini a Cristo. Lei custodisce i segni della rivelazione di Dio, che conducono al Salvatore, al Dio con noi: la fede, la Parola, i Sacramenti, la testimonianza della carità. Attraverso di essi, la Chiesa evangelizza. Anzi, proprio lasciandosi trasformare da questi segni, la Chiesa diventa evangelizzatrice con la sua stessa vita. Che grande responsabilità! Che grande compito! Appassionante e provocante, nello stesso tempo! Ed è quel che oggi più che mai la Chiesa è chiamata a fare. Siamo grati a Papa Francesco che quotidianamente provoca la Chiesa a risvegliare la gioia dell’evangelizzazione, a non dormire sonni tranquilli, perché ci sono tanti uomini e donne affamati che cercano il pane della verità e della carità. Il luogo dove la Chiesa deve trovarsi a proprio agio è la strada, lì dove vive l’uomo con i suoi drammi e le sue speranze, per essere la buona samaritana che sa fermarsi accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito per offrire la certezza di un Dio che ama, perché si è fatto a lui prossimo proprio con la carne del Figlio.
Caro Francesco, stasera con l’ordinazione diaconale tu entri a pieno titolo nella ministerialità della Chiesa. Sei diacono nella Chiesa, per la Chiesa, con la Chiesa. Da oggi devi far tuoi – e viverli fino al dono della tua stessa vita – i compiti che sono propri della Chiesa, quei compiti che la mettono a tempo pieno a servizio dell’umanità. Sì, la Chiesa è serva dell’umanità e tu, come lei, devi servire l’umanità. E non a parole, ma con i fatti e nella verità (cf 1Gv 3,18).
Essere diacono – e lo sarai per tutta la vita – deve portarti non a cercare ciò che a te piace o che ti gratifica, ma quello che ti chiede la storia, nel concreto dell’esistenza degli uomini e donne di oggi, che vivono nei luoghi dove tu eserciterai la diaconia. Questo ti sollecita ad educarti all’ascolto delle persone, a leggerne il vissuto, spesso condito di lacrime e attese; devi coltivare un atteggiamento non di giudizio o pregiudizio verso luoghi o persone, ma di fiducia e di cordialità fraterna. Questo creerà quel feeling giusto che ti permetterà di servire, donando il tesoro prezioso che tra poco io metterò nelle tue mani: il Vangelo, unica vera ricchezza della Chiesa e del cristiano. Consegnandoti il libro dei Vangeli, ti chiederò di credere sempre ciò che proclami, di insegnare ciò che hai appreso nella fede e di vivere ciò che insegni. In queste parole c’è tutto un programma di vita! Non si tratta di ripetere parole vuote, di routine, che non hanno attraversato e segnato il tuo cuore. No, questo porterebbe solo alla sterilità ministeriale! Ciò che tu devi trasmettere è la Parola che in te si è fatta carne, perché l’hai accolta nella fede e, come Maria, l’hai meditata nel tuo cuore (cf Lc 2,19). Non puoi donare ciò che non è respiro e vita per te. Sai bene che la Parola è Cristo vivo nella Chiesa.
In questi anni di formazione sei cresciuto nell’amicizia con il Maestro. Hai sostato tante volte con Lui, cercando il Suo volto e nutrendoti della Sua Parola. Oggi ti viene chiesto di consolidare questo rapporto, al punto tale da rinunciare a tutto per Lui, anche alla scelta di formare una tua famiglia, per essere sempre e solo di Cristo e della Chiesa. Questo ti chiederò tra poco. E tu con il “sì, lo voglio” con cui risponderai alle mie domande, darai corpo a questa decisione assumendo l’impegno a conformare a Lui tutta la tua vita. Infatti, solo facendo tuoi i sentimenti di Cristo sarai capace di vivere di Lui e come Lui. Ti aiuterà a realizzare questo progetto di vita una solida esperienza spirituale, alimentata dalla preghiera e corroborata dall’azione dello Spirito Santo, l’artista divino che solo può renderci simili a Cristo Signore.
Caro Francesco, lasciati condurre per mano dallo Spirito Santo perché, fortificato con i doni della grazia, possa compiere fedelmente l’opera del ministero (cf Preghiera di Ordinazione). Tra poco, nella preghiera di Ordinazione, chiederò al Signore, sorgente di ogni grazia e dispensatore di ogni ordine e ministero, che tu possa essere pieno di ogni virtù: sincero nella carità, premuroso verso i poveri e i deboli, umile nel servizio, retto e puro di cuore, vigilante e fedele nello spirito. In queste parole della liturgia c’è tutto il tuo futuro diaconale! Non aver paura di dare tutto di te. Nella libertà dell’amore, non dare le briciole delle tue energie, del tuo tempo, del tuo cuore al Signore e alla Chiesa. Vivi la gioia dell’amore che ti porta alla radicalità del dono di te stesso. Evangelizza più che con le parole, con la vita tutta impregnata di Dio.
La nostra Chiesa di Conversano-Monopoli oggi si arricchisce della tua presenza ministeriale. Fa’ tesoro di quanto vi trovi, condividi il tuo cammino con gli altri ministri del Vangelo, gustandone la fraternità e valorizzando tutto ciò che lo Spirito ha già scritto nelle pagine della nostra storia. Alimenta costantemente il desiderio di conoscere quanto l’annuncio del Vangelo ha già realizzato nelle nostre comunità per poterti innestare, portando nuova linfa. Metti anche in moto la tua fantasia pastorale, perché nella evangelizzazione non bisogna solo mantenere ciò che si è sempre fatto… Bisogna, al contrario, intraprendere strade nuove, individuando percorsi di accompagnamento più adatti alle persone del nostro tempo. L’evangelizzatore non vive sotto una campana di vetro, isolato dalla gente che deve servire. Rischia di essere così solo un reperto archeologico da mettere in un museo! Deve essere uno che vive con la gente, che sa dialogare con tutti, anche con quelli che a prima vista possono sembrare chiusi ad ogni discorso che ha a che fare con Dio. Nessuno può essere lontano dal suo cuore! Questo lo porterà a raccogliere i desideri più profondi dell’animo umano, che deve poi evangelizzare.
Caro Francesco, come i Magi, scruta l’orizzonte della storia, per scorgere i segni di Dio che dicono la Sua presenza tra noi, perché il nostro non è un Dio lontano, avulso dalla vita degli uomini, è invece l’Emmanuele, il Dio con noi, che sta costruendo giorno dopo giorno il Suo Regno tra noi e con noi. E come loro – i Magi – non esitare a metterti in cammino, su strade anche impervie e sconosciute, avendo però sempre come guida la stella, ovvero la Chiesa, che nella indefettibilità della sua fede orienta i nostri passi.
Affido il tuo ministero a Maria, stella dell’evangelizzazione e fonte di speranza. Lei è stata la prima evangelizzatrice, perché ha portato la gioia del Vangelo nella casa di Elisabetta. Tale gioia l’ha vissuta con il servizio concreto che ha prestato alla Sua parente nei tre mesi della Sua permanenza ad Ain Karem. Un servizio gioioso è stato il Suo; un servizio, possiamo immaginarlo, fatto di piccoli gesti quotidiani. Ispìrati a Lei, caro Francesco, e fa’ del tuo servizio una seminagione di gioia, che tocchi la gente nella concretezza della vita.
“Dite ad Archippo: Fa’ attenzione al ministero che hai ricevuto nel Signore, in modo da compierlo bene” (Col 4, 17). Concludo facendo mie le parole dell’apostolo Paolo ai cristiani di Colossi. Caro Francesco, è questo il mio augurio e la mia preghiera.
Omelia ordinazione diaconale di Francesco Ramunni
Festa dell’Epifania del Signore
05-01-2018