Benedizione abbaziale di Padre Paolo Maria Gionta

Monastero Madonna della Scala – Noci
26-10-2024

Atti degli Apostoli 1, 3-5.8-9.12-14

Salmo 95

Luca 22, 24-32

 

Venite, cantiamo al Signore,

acclamiamo la roccia della nostra salvezza.

Accostiamoci a lui per rendergli grazie,

a lui acclamiamo con canti di gioia.

 

Carissimi fratelli e sorelle,

con le parole del Salmo 95, che abbiamo pregato dopo aver ascoltato la prima lettura, mi rivolgo a tutti voi qui presenti nella Chiesa abbaziale della Madonna della Scala per partecipare all’evento gioioso della benedizione del nuovo Abate dom Paolo Maria Gionta. Abbiamo accolto l’invito e siamo in tanti a stringerci intorno all’eletto e alla comunità monastica, che accoglie il nuovo Abbas, ovvero il nuovo Padre, chiamato a dare volto e voce al Padre che è nei cieli tra i fratelli che gli sono affidati. Siamo venuti per rendere grazie al Pastore grande delle pecore, che ha cura di coloro che gli appartengono: “è lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce”. È a lui che volgiamo lo sguardo, colmo di stupore e riconoscenza, certi che il nuovo Abbas è dono del suo amore per questa comunità monastica e per l’intera Chiesa. La fede ci fa cogliere che ogni ministerialità nella Chiesa ha la sua sorgente nel Cuore della Trinità e che ogni servizio di responsabilità nella comunità cristiana ha la sua icona di riferimento nel Figlio dell’uomo, che “non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita” (Mc 10,45). Di questo era profondamente consapevole San Benedetto, che parlando dell’Abate, nella Regola afferma che in monastero egli fa le veci di Cristo (cf Regola, 2,2).

Facendomi voce di questa santa assemblea, a nome dei Vescovi, degli Abati, dei Monaci, dei Presbiteri, dei religiosi/e, dei fedeli laici, che saluto cordialmente, mi rivolgo a te, caro Padre Paolo per dirti grazie per aver corrisposto alla proposta del Signore, che ti ha chiesto di lasciare i luoghi e le persone che finora sono stati il grembo fecondo in cui sono nate e cresciute la tua vita, la tua fede, la tua vocazione, la tua consacrazione religiosa, per approdare in questa nostra bella e accogliente terra di Puglia, su questa rigogliosa collina dove sorge da ormai quasi cento anni un monastero da tutti noi particolarmente amato, vero santuario della divina Misericordia.

Vieni in un luogo che per tanti credenti, attratti dall’esempio e dal magistero del grande Patriarca del monachesimo occidentale, sessant’anni fa proclamato da San Paolo VI Patrono d’Europa, è stato ed è tuttora autentica dominici schola servitii (Regola, Prologo, 45) dove si impara l’obbedienza della fede, la robustezza della speranza, la generatività della carità. Vieni per servire dei fratelli che ti sono affidati, perché tu li custodisca e li faccia crescere nella santità. Vieni per scorgere i segni dell’azione di Dio nella vita di coloro che ti sono affidati e per benedire con loro Colui che è all’origine di ogni carisma e ministero. Vieni per amare e per “insegnare ai tuoi fratelli, più con i fatti che con le parole, un modello di vita nuova ispirata al Vangelo” (Interrogazioni), di cui tu stesso per primo vuoi rivestirti. Vieni consapevole che la “difficile arte di guidare i fratelli” (Preghiera di benedizione) richiede da te umiltà, prudenza, dedizione, generosità, fedeltà, spirito di sacrificio, mitezza, capacità di perdono, e che solo così riuscirai a condurli a Dio, come è tuo dovere di Padre. Vieni con un cuore che vuol far sentire ai tuoi fratelli i palpiti del Cuore di Cristo, condividendo la bellezza e la fecondità della comunione che attinge quotidianamente la sua forza nell’incontro eucaristico, vero centro unificatore dell’esperienza cristiana. Come non ricordare, in proposito, il dono che l’altro giorno il Santo Padre ha fatto alla Chiesa con l’Enciclica Dilexit nos! Un testo denso e ricco di provocazioni per tutti quelli che vogliono crescere nel dialogo d’amore con il Cuore di Cristo: cor ad cor loquitur! Vieni per indicare, insieme ai tuoi confratelli monaci, a tutti quelli che giungeranno in questo luogo di consolazione e di speranza Colui che è via, verità e vita, nella consapevolezza che “solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (GS 22). Vieni per servire e amare!

Caro Padre Paolo, cari fratelli e sorelle, è a questo che ci orienta la Parola di Dio che abbiamo ascoltato. La pagina del Vangelo di Luca ci porta nel cenacolo, in quell’ora di tenebra e di luce dove il Signore condivide la sua ultima cena pasquale con i discepoli. Dalle parole dell’Evangelista si coglie la drammaticità di quel momento, che avrà il suo epilogo nel tradimento, nella passione e nella morte di Gesù. Pur coinvolti nell’evento, gli apostoli sembrano però distratti da altro. Discutevano “chi di loro fosse da considerare più grande”. Più volte troviamo nel Vangeli questa annotazione, che se da un lato rivela la fatica degli Apostoli a fare propria la logica di Gesù, permette altresì al Maestro di tracciare l’itinerario per diventare suoi veri discepoli. Quanta pazienza da parte sua a confrontarsi con la lentezza degli Apostoli nell’accogliere la sua proposta! Certamente è consapevole che costoro, che pure hanno lasciato tutto per seguirlo, sono ancora legati ad una visione troppo umana del regno di Dio. Per questo radicalizza il suo appello, presentando innanzitutto il suo esempio: “io sto in mezzo a voi come colui che serve”. È a lui che devono guardare e ispirarsi se vogliono seguirlo: “un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone” (Mt 10,24), aveva detto in un’altra occasione. Ed egli stesso darà l’esempio di come si serve e si ama. “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, così facciate anche voi”, sarà poi il suo commento al gesto della lavanda dei piedi, sempre nel contesto della cena pasquale (cf Gv 13,1-15). E sappiamo bene come la lavanda dei piedi è stata preludio al gesto supremo dell’amore, la croce, dove Gesù, “avendo amato i suoi, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). Servire come il Maestro è amare come lui ha amato, è amare sino al dono supremo della vita: “non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

Valgono anche per un Abate quelle parole di S. Agostino, rivolte in primo luogo ai Pastori della Chiesa, ma che certamente si addicono a chiunque abbia una responsabilità pastorale: “sit officium amoris pascere dominicum gregem. Sì, sia impegno dell’amore guidare la comunità che ti è affidata. Attingendo alle immagini care a Papa Francesco, guida i tuoi fratelli camminando davanti a loro, in mezzo a loro, dietro di loro: per orientare i loro passi, per riscaldare i loro cuore, per custodire la loro vita.

Caro dom Paolo, oggi, mentre chiediamo al Padre di colmarti dei doni del suo Spirito per esercitare con frutto la paternità su questa comunità, il Signore Gesù si offre lui stesso come modello a cui ispirarti nell’accompagnare i fratelli nel cammino di santità. Tra poco ti chiederò: “vuoi insegnare ai tuoi fratelli, più con i fatti che con le parole, un modello di vita nuova ispirata al Vangelo?”. Il tuo: “Sì, lo voglio” esprimerà la tua precisa volontà a non distogliere mai lo sguardo da Gesù, perché è lui il Vangelo vivo. Per acquisire il suo stile, trova diletto nell’ascolto della sua Parola, fatta diventare carne della tua carne con la pratica della lectio divina; gusta la dolcezza del suo amore nella comunione eucaristica, lasciati avvolgere dal suo abbraccio nella contemplazione della sua bellezza, che deve afferrare tutta la tua persona.

Contagia poi la comunità, caro Padre Paolo, con il profumo dell’amore di Cristo, perché tutti insieme possiate aiutare noi, che cerchiamo ristoro il questo luogo, a nulla anteporre all’amore di Cristo. Quanto è importante creare oasi di silenzio, di preghiera, di contemplazione, di raccoglimento, dove ci si sente accolti per ritrovare quella pace interiore – che spesso si perde a causa del frastuono quotidiano e della vita convulsa che conduciamo – proprio nell’incontro con Cristo. Credo che in un momento storico delicato e carico di incognite qual è quello che viviamo, è tanto più necessario ritagliarsi tempi e spazi per respirare la presenza di Dio e gustare i frutti del suo amore. Ritornare a Dio, restituendogli il primato che a Lui spetta: a questo ci dovete spingere, cari fratelli monaci e care sorelle monache dei diversi Monasteri, che impreziosiscono come gemme il tessuto ecclesiale, con quella gioia vera che solo chi vive in Dio riesce a trasmettere. C’è da riscoprire il ruolo provvidenziale dei Monasteri, se vogliamo tenere viva la speranza in un mondo che sembra aver perso il gusto della bellezza, dell’armonia fraterna, della solidarietà e della prossimità agli ultimi e ai poveri. Quante pagine stupende leggiamo nel grande libro della storia, dove i Monasteri sono stati fucine di civiltà e di umanizzazione della cultura, di autentica fraternità e di creatività intelligente, garantendo dignità ad ogni persona umana. Proprio perché i Monasteri rivestono questo elevato ruolo spirituale e sociale, diventa indispensabile sostenere e accompagnare le comunità, pregare per la fioritura di vocazioni contemplative che abbiano occhi e cuore puntati verso Dio e mani operose nella carità, condividere i progetti di rinnovamento della vita monastica in continuità con la sana e autentica Tradizione, le cui radici mantengono ancora intatta la loro vitalità. Ed è quello che noi, Pastori e fedeli, ci impegniamo a fare ponendoci con sincera amicizia accanto a voi, carissimi monaci e monache, riconoscendovi come dono di inestimabile valore che il Signore fa alla sua Chiesa, e permettetemi di dirlo, rivolgendomi a voi amate comunità della Scala e Celestina di Castellana, dono fatto alla nostra Chiesa di Conversano-Monopoli.

Caro Padre Paolo, certamente ti è presente l’ammonimento della Regola che invita l’Abate a rendersi conto di come sia difficile e arduo l’incarico ricevuto (Reg. 2,31). Questo però non ti deve spaventare o scoraggiare. Ricorda che non hai scelto tu questa responsabilità. Ti è stata affidata da Colui che scruta e conosce ciò che c’è nel cuore dell’uomo (cf Gv 2,25). È lui che ti ha scelto attraverso i fratelli di questa comunità. Fidati di lui ed esercitati quotidianamente a percepire, insieme a questi amici e fratelli, il soffio dello Spirito che, secondo la sua promessa, non verrà mai meno nella Chiesa: “riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (At 1,8). Si, ne siamo certi, è lo Spirito che vivifica il cammino della Chiesa nella storia!

Maria, Scala coeli, custodisca te e la comunità che ti è affidata. Come i discepoli della comunità di Gerusalemme perseverate concordi nella preghiera e, raccolti intorno alla Madre del Signore e nostra, diventate giorno dopo giorno un cuor solo e un’anima sola.

Santa Maria della Scala, prega per noi e per il mondo intero, assetato di giustizia, di fraternità e di pace. Amen.

+ Giuseppe Favale

 

 

70015 Noci, Puglia Italia