DISCORSO AL PORTO – 14 agosto 2024
In quest’ora serale tanto attesa, siamo tutti coinvolti nell’esperienza rievocativa dell’approdo dell’Icona della Madonna della Madia a Monopoli. Siamo in tanti, sia monopolitani sia turisti di varia provenienza, richiamati dalla notorietà e dal fascino di quanto stiamo vivendo. Non credo sia solo per curiosità o per il semplice desiderio di rivivere un qualcosa che appartiene alla tradizione religiosa locale. Sono invece convinto che ad abitare il cuore di tutti noi ci sia la disponibilità ad accogliere la visita di una Mamma, che attraverso il segno della Sua Icona, vuol venire ad accarezzare i Suoi figli, da Lei teneramente amati. Nella carezza della Madre noi avvertiamo la carezza del Dio che per amore verso l’umanità si è fatto uomo nel Suo grembo purissimo. Accostando Maria, dobbiamo avvertire il profumo di un Dio, che a ognuno di noi dice: “ti ho amato di amore eterno, per questo continuo ad esserti fedele” (Ger 31,3). Carissimi, fa bene sentire a noi rivolte queste parole del profeta Geremia, che sono un balsamo che dona sollievo alle tante ferite interiori che spesso accompagnano la nostra vita. Sì, noi crediamo in un Dio che è fedele e invincibile nell’amore. Siamo preziosi ai Suoi occhi ed Egli mai ci abbandona: “non temere, perché io sono con te” (cf Is 43,4-5). Parole, queste, che oltre a provocare fremiti di gioia ci aprono alla fiducia in Dio.
Tutto questo suscita in noi il contemplare la dolce icona della Madonna della Madia. Tra poco si snoderà la processione e l’immagine della Santa Madre di Dio attraverserà alcune strade della nostra Città tra due ali di folla. Tutti saremo attratti dalla bellezza della nostra Madonna. Nell’alzare i nostri occhi verso di Lei, cerchiamo di incrociare i Suoi. Essi ci fissano con quella tenerezza che solo una madre sa trasmettere. Nella luce che quegli occhi promanano avvertiremo la forza dell’amore di Dio e nel gesto della mano che indica il Bambino che Ella ha tra le Sue braccia riconosciamo il dono che Ella vuole farci, oggi e sempre: Gesù, il frutto benedetto del Suo seno. Chi accoglie Gesù nella sua vita, accoglie l’amore di Dio; chi segue Gesù da discepolo fedele, realizza nell’amore la sua vita.
In questo momento, però, cari fratelle e sorelle, pur coinvolti nella gioia dell’evento che stiamo celebrando, col suo gioco di luci, suoni e colori che danno il tocco della festa, non possiamo dimenticare i drammi che si vivono quotidianamente in ogni parte del mondo e anche tra noi, nella nostra Città e nelle nostre famiglie. La festa non può alienarci dalla realtà; rischierebbe di essere semplicemente un anestetizzante, per cui passata l’onda emotiva, si tornerebbe come prima o peggio di prima. Dalla forza interiore che la festa ci trasmette, possiamo attingere invece quel coraggio in più per affrontare la realtà, a volte faticosa, monotona e tragica, coinvolgendoci responsabilmente nella costruzione di relazione più vere, dove ognuno prende a cuore la cura dell’altro.
Non posso non guardare con voi, carissimi, a quei luoghi dove in queste ore si sta combattendo e uccidendo a causa di guerre insane e distruttive, dove viene calpestato ogni diritto umano, anche i più elementari come il diritto alla vita e alla libertà; dove, facendo prevalere l’interesse di pochi, si calpesta la dignità di una moltitudine di poveri che diventano sempre più poveri; dove il profitto ad ogni costo ha più valore del bene comune; dove investire nella vendita delle armi vale di più di investimenti atti a debellare la fame e, oggi aggiungiamo, la sete, vista la persistente siccità in alcuni Paesi abbandonati a se stessi e alla propria miseria, seppur sfruttati per le ricchezze del sottosuolo. Quanta disperazione c’è oggi nel mondo: bambini e anziani lasciati morire di stenti; famiglie disgregate e disperse; case, scuole, chiese, ospedali distrutti e ridotti ad un cumulo di macerie, lasciando sulla strada intere comunità che non hanno più alcun punto di riferimento per ricominciare a vivere.
E intorno a noi quante altre situazioni difficili. Nel nostro territorio, pur così ricco di fascino e accorsato da turisti, dove la laboriosità e l’impegno di tanti hanno creato una situazione di discreto benessere, non mancano sacche di povertà, di disagio, di emarginazione. Con estrema verità richiamiamo alcuni dei mali che riscontriamo quotidianamente: la solitudine di tanti anziani e di persone che non hanno chi le ami; ragazzi e giovani disorientati e quindi facilmente preda di ignobili venditori di morte attraverso lo spaccio della droga; la paura per il futuro anche in famiglie ben solide; la preoccupazione per il lavoro sempre a rischio o con prospettive di impiego per le nuove generazioni quasi inesistenti; la leggerezza nelle relazioni, dove il partner diventa non una persona da amare ma un oggetto da possedere e usare e poi disfarsene, arrivando persino a togliergli la vita nel momento in cui finisce una storia. E si potrebbe continuare all’infinito.
Che fare? Cadere nel baratro della disperazione? Cedere alla tentazione di dire che non è possibile cambiare alcunché nel mondo? Comprendiamo bene, carissimi, che non è questa la strada da percorrere. Noi abbiamo un di più che dobbiamo mettere a servizio della storia. Il di più viene dalla certezza di un Dio vicino, che è entrato nella storia degli uomini per renderla storia di salvezza.
“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce” (Is 9,1).
Quanta speranza accende in noi questa parola profetica di Isaia! In un’ora buia della storia, mentre le tenebre diventano sempre più fitte, noi scrutiamo l’orizzonte e scorgiamo una luce che apre il cuore alla fiducia e alla speranza. Sarà possibile intravederla tra le macerie di città distrutte e desolate, tra le migliaia di corpi travolti dalla furia omicida della guerra, che come uno tsunami travolge tutti quelli che incontra al suo passaggio, senza risparmiare bambini e anziani? Sarà possibile avvertirla nel buio di relazioni stanche e sfiduciate che a volte abitano i nostri rapporti, lungo le strade della nostra Città e nelle nostre case? Se la fede è il collirio che cura il nostro sguardo, se la carità è il fuoco che riscalda il nostro cuore, allora sì, con la gioia della speranza cristiana possiamo dire che quella Luce la vediamo e la vediamo in un Bambino stretto tra le braccia della Mamma. È Gesù la Luce che brilla tra le tenebre, è Gesù che illumina il nostro buio fitto. Accogliamolo e avremo la forza e il coraggio di impegnarci nella rivoluzione dell’amore. Il mondo, il nostro mondo cambierà se, facendo ognuno la propria parte, cammineremo nella carità, vincendo “ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità” (Ef 4, 31), atteggiamenti questi che feriscono la fraternità. Investiamo invece in uno stile nuovo, a cominciare dalle relazioni nelle famiglie: siamo benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandoci a vicenda come Dio ci ha perdonati in Cristo (cf Ef 4,32).
Santa Maria, Madonna della Madia, Regina della pace, consolatrice degli afflitti, ti affidiamo l’umanità sofferente. Allontana il veleno dell’odio e rendi tutti capaci di gesti di riconciliazione che aprono alla pace e alla fraternità ritrovata. Amen.