Cari fratelli e sorelle,
oggi siamo in tanti a gremire la nostra Chiesa Cattedrale e tutti vi saluto e ringrazio per la presenza, espressione del sincero affetto verso Papa Francesco: grazie a voi presbiteri e diaconi, grazie a voi consacrati, grazie a voi autorità civili e militari, grazie a voi amati fratelli e sorelle, che rappresentate le comunità della diocesi. Tutti ci stringiamo in silenzio, preghiera e gratitudine intorno alla memoria viva di Papa Francesco, il Vescovo di Roma che ha guidato la Chiesa con il cuore del pastore, lo sguardo del profeta e i piedi impolverati del pellegrino. Davanti ai nostri occhi passano tanti frammenti di eventi che hanno segnato il suo pontificato e che ce lo mostrano pastore, profeta e pellegrino, a Roma e in tante altre parti del mondo. Ed è questa una prima cifra per comprendere il servizio reso alla Chiesa da Papa Francesco: ha parlato più che con le parole attraverso i gesti che ha compiuto, gesti nati da un cuore appassionato di Dio e dell’umanità tutta. Attraverso la sua prossimità alle tante ferite inferte all’uomo, piagato nel corpo e nello spirito, ci ha provocati ad una delle verità fondamentali della rivelazione biblica: siamo fratelli tutti perché tutti, al di là del colore della pelle, dell’etnia e della stessa religione, proveniamo dalle mani creatrici dell’Onnipotente. Siamo tutti immagine e somiglianza di Dio!
Non è possibile in pochi tratti delineare i dodici anni di ministero petrino di Jorge Mario Bergoglio, eletto Vescovo di Roma il 13 marzo 2013. Il tempo ci permetterà di scandagliare sempre più a fondo il suo magistero. Noi stasera siamo qui, nella nostra Cattedrale, per dire il nostro grazie al Signore per averci dato un Pastore totalmente consumato nel servizio alla Chiesa e – possiamo dirlo – fino all’ultimo, avendolo visto immerso nel bagno di folla il giorno di Pasqua, poche ore prima che si compisse la sua Pasqua. Fa impressione cogliere come il Signore abbia voluto legare il suo ultimo pellegrinaggio, quello dal tempo all’eternità, alla solennità pasquale. Dopo aver contemplato nella fede il Risorto nella liturgia pasquale, i suoi occhi colmi di stupore si sono spalancati a vedere la bellezza del Risorto nella luce della Trinità. Possiamo immaginare la sua gioia nel ritrovarsi nella casa del Padre, meta della sua e della nostra speranza, a saziarsi di questo Dio Amore da lui cercato, amato e testimoniato nei lunghi anni della sua vita. “Simili a lui, lo vedremo così come egli è”: questo annuncio dell’evangelista Giovanni, che fortifica il cammino terreno di ogni credente, si è ora compiuto in Papa Francesco!
Il nostro grazie a Dio per il dono che è stato Papa Francesco, stasera è guidato dalla Parola di Dio che la liturgia del giorno ci ha proposto. Essa ci offre delle chiavi di lettura per cogliere alcune delle linee fondamentali del suo pontificato, alla luce delle coordinate che lo hanno caratterizzato, ovvero la fedeltà al Vangelo, con l’amore incondizionato a Cristo e alla Chiesa, e l’attenzione alle urgenze e alle sfide del nostro tempo, avendo sempre a cuore la tutela della dignità di ogni persona umana.
Nel brano degli Atti degli Apostoli, vediamo una Chiesa, quella che sta nascendo dopo la Pentecoste, sotto pressione. I discepoli sono minacciati, ma non cedono allo scoraggiamento: si raccolgono in preghiera e chiedono al Signore non di togliere le prove, ma di dar loro coraggio per continuare a proclamare la Parola con franchezza, con parresia.
Come non rilevare in questo primo flash ecclesiale che ci dà il libro degli Atti l’immagine di una Chiesa sinodale, che cammina insieme, che si consulta, si confronta, ascolta lo Spirito, e prega? E non è questa la Chiesa che Papa Francesco ha desiderato e incoraggiato instancabilmente? Una Chiesa docile allo Spirito “tutta ministeriale”, non piramidale ma “popolo di Dio in cammino”, non autoreferenziale ma capace di uscire verso le periferie, esistenziali e geografiche.
In quella preghiera trasmessaci dagli Atti troviamo il cuore del discernimento comunitario, che è proprio del cammino sinodale: ascoltare insieme quanto Dio ci dice attraverso gli eventi, leggere i segni dei tempi, e riconoscere che il vero protagonista di ogni scelta è lo Spirito Santo. Papa Francesco ci ha ricordato che la sinodalità non è un’opzione, ma la forma stessa della Chiesa. E proprio come alle origini, anche oggi la comunità cristiana è chiamata ad affrontare le sfide del mondo non con l’ansia del potere, ma con la forza mite della fede condivisa. Una fede annunciata con franchezza e coraggio, che non può essere svilita per piaggeria verso i potenti di turno.
Anche il Salmo 2 ci aiuta in questa lettura sapienziale del pontificato di Papa Francesco. Sì, è vero, le nazioni possono tramare, possono tentare di ostacolare l’azione del Signore e del suo consacrato, ma lui, il Signore, è il Custode della giustizia. Anche qui risalta la fede di Papa Francesco, che lo ha reso forte nella denuncia contro le ingiustizie che si compiono un po’ ovunque e che calpestano la dignità dell’uomo. Egli ha sempre parlato con coraggio profetico delle grandi urgenze del nostro tempo: la crisi climatica, le disuguaglianze economiche, le guerre dimenticate, il grido dei migranti, lo scarto dei deboli. Non si è limitato a denunciare, ma ha indicato strade concrete di conversione, proponendo una nuova cultura dell’incontro, dell’ecologia integrale, della pace come frutto di un “artigianato quotidiano” che vede tutti coinvolti. La sua voce ha fatto riecheggiare il grido della terra e il grido dei poveri. Perché tutto questo impegno indomito per la giustizia sociale? Non certamente per motivi politici legati a movimenti di natura populistica, come a volte è stato detto. Esso nasceva da uno sguardo di fede, cioè dalla consapevolezza che il Signore gli avesse affidato il compito di essere il padre degli ultimi, per dare voce a chi non ha voce, sull’esempio di Gesù “mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi” (Lc 4,18).
La pagina del Vangelo di Giovanni ci fa cogliere anch’essa alcuni elementi utili a comprendere l’azione pastorale del Santo Padre. Innanzitutto, Gesù incontra Nicodemo. Nel cuore della notte, dice l’evangelista. Papa Francesco è stato l’uomo dell’incontro… con tutti! In ogni momento! Senza discriminazioni! Con benevolenza ha accolto tutti e per tutti ha avuto parole di speranza, che potevano aprire percorsi nuovi di riscatto, di rinascita, di risurrezione, anche in chi aveva potuto toccare o precipitare nell’abisso del male. Nessuno può essere escluso dall’orizzonte dell’amore di Dio. E qui si inserisce la sua insistenza sul tema della misericordia, che ha caratterizzato il suo magistero sin dal primo giorno. Un cristianesimo senza misericordia è come un corpo senza anima. Il nome del nostro Dio è Misericordia e solo accogliendo il dono della misericordia del Signore fiorisce nel cuore la gioia, quella vera però, non quella effimera che basta un nulla per spazzarla via. Una gioia, quella che viene dall’incontro con la misericordia, che è a fondamento della speranza cristiana, quella speranza che fa camminare nella luce anche attraversando il buio generato dalla malvagità umana. Misericordia, gioia, speranza: l’annuncio di questi doni che vengono dal Cuore di Dio, è l’asse su cui Papa Francesco ha fondato il suo ministero petrino. Tutto questo egli lo ha fatto scaturire dalla riscoperta delle sorgenti limpide del Vangelo. Non ha inventato nulla di nuovo nella proposta pastorale indicata alla Chiesa dei nostri giorni, ha piuttosto sollecitato un modo nuovo di ricevere questi doni.
L’incontro con Nicodemo apre ad un dialogo che porta Gesù a rivelare i misteri del Regno, che lui è venuto ad inaugurare. Abbiamo ascoltato poc’anzi che per entrare nel Regno bisogna “rinascere dall’alto”. Cosa significa? Lo spiega subito Gesù dicendo che è necessario lasciarsi generare dallo Spirito. È dallo Spirito che nasce la Chiesa ed è lo stesso Spirito che la rinnova continuamente. È lo Spirito che la tiene giovane, libera, aperta. È grazie allo Spirito che essa può diventare “ospedale da campo” dove è possibile curare tutte le ferite. Se non ci fosse lo Spirito, la Chiesa rischierebbe di ridursi ad un bel museo, dove si conservano oggetti preziosi ma che non trasmette la vita. Papa Francesco ci ha ricordato che non possiamo conservare il Vangelo come un oggetto antico. Il Vangelo è vita perché in esso c’è lo Spirito del Signore risorto. Per questo, insistentemente, egli ha esortato la Chiesa a non annacquarlo ma a prenderlo in tutta la sua radicalità. Da qui è nato il suo invito pressante a dare un volto nuovo alla Chiesa, comunità viva dei discepoli di Gesù, chiamata ad essere lievito di fraternità tra le pieghe della storia. Per lui, la riforma della Chiesa non è tanto una questione di strutture, ma di cuori rinnovati, di pastori con l’odore delle pecore, di comunità capaci di misericordia e accoglienza, di occhi capaci di trasmettere luce.
Anche negli ultimi anni, quelli della malattia e della fragilità, Papa Francesco è rimasto testimone del Vangelo, anzi lo è stato ancora di più. Sino all’ultimo respiro, egli è stato uomo di pace tra i popoli e sentendosi fratello tra i fratelli, ha richiamato l’intera umanità a riscoprire la comune radice della fraternità. Il suo grido per la pace continui a risuonare sempre di più in tutta la sua forza, specie ora che la sua flebile voce si è spenta.
Carissimi, la sua eredità non è solo nei documenti o nei gesti pubblici. Ritroviamola piuttosto in quell’invito alla conversione personale e pastorale che ha sollecitato in ogni occasione, sia accogliendo i pellegrini nella sua casa a Roma sia recandosi lui stesso pellegrino in ogni angolo del mondo, anche nelle regioni più sperdute. Lasciamo che continui a risuonare il suo invito ad una Chiesa più vicina agli ultimi, ricca dell’amore del Signore, che dilexit nos, usque ad finem.
Ora che è tornato alla Casa del Padre, possiamo riconoscere in lui quel servo fedele che, pur fragile nel corpo, ha custodito fino all’ultimo il fuoco del Vangelo senza mai spegnerlo, e ha insegnato a tutti che la santità non è privilegio di pochi ma è cammino condiviso nella carità, e, di conseguenza, è percorso di gioia: gaudete et exsultate! è stato il suo invito costante. Sotto la sua guida, a volte anche con fatica, in questi dodici anni, abbiamo camminato come popolo chiamato a seminare la Parola nei solchi della storia. Ora che non è più visibilmente tra noi, continuiamo quel cammino ricchi della testimonianza di fede, speranza e carità che ci ha lasciato e, in attesa del nuovo Pastore della Chiesa universale, che sin da ora chiediamo al Signore nella preghiera, raccogliamo i semi di luce che sono stati da lui lasciati cadere in mezzo a noi. Cresciamo, carissimi, come Chiesa accogliente, aperta, serva e compagna di viaggio di ogni uomo o donna che bussa alla sua porta.
Caro Papa Francesco, Pastore buono, ora riposa in pace, nell’abbraccio del Buon Pastore, nella dolce compagnia della Madre di Dio, da te teneramente amata. Continua però a starci vicino e ora che sei immerso nel mistero del Dio amore, intercedi per noi. Intercedi per la Chiesa, a cui ti sei donato fino all’ultimo respiro, intercedi per noi pastori e per i fedeli a noi affidati, intercedi per gli emarginati e gli ultimi della terra, scartati dalla cupidigia dei ricchi epuloni, intercedi per chi ha la responsabilità del bene comune, ad ogni livello nell’impegno socio-politico, intercedi per i popoli in guerra, perché la pace tanto attesa possa giungere al più presto, portando tutti a riscoprire la bellezza e il profumo della fratellanza tra i popoli, intercedi perché l’umanità tutta custodisca il bene incommensurabile del creato. Amen.