OMELIA PER L’ORDINAZIONE PRESBITERALE DI DON COSIMO MARTINELLI

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
20-09-2025

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Am 8, 4-7; Salmo 112; 1Tim 2, 1-8; Lc 16, 1-13

 

 Lo scorso 21 maggio, Cosimo mi presentava la sua domanda per essere ammesso all’Ordine sacro del Presbiterato. Un testo ricco e articolato che narrava quanto il Signore stava compiendo nella sua vita e, senza nascondere le fatiche e i timori legati ad una scelta definitiva, si dichiarava pienamente disponibile, con “volontà libera e spontanea”, a dedicarsi per sempre al ministero. Mi scriveva così: “È davvero bello avvertire nel cuore quella gioia (quasi da bambino) propria di colui che sta vedendo compiersi nella propria vita quel progetto celeste che ha come fine la sola felicità eterna, felicità che può realizzarsi per me proprio consacrando questa mia vita a Dio, nel servizio ai suoi figli nella Chiesa”. Dietro l’Eccomi pronunciato da Cosimo poc’anzi nella presentazione c’è tutto questo, c’è questa volontà di affidarsi “sereno e fiducioso” al progetto di Dio conosciuto, approfondito e scelto nel tempo del discernimento in Seminario e nella nostra Chiesa particolare. Noi tutti abbiamo risposto all’annuncio di questa offerta che si sta compiendo stasera dinanzi ai nostri occhi cantando: “benediciamo il Signore…”. In queste parole, che con impeto abbiamo pronunciato, risuona la gioia della Chiesa che, nella persona del Vescovo, accoglie la richiesta e la trasforma in dono di grazia mediante il Sacramento dell’Ordine.

Sì, carissimi, quanto stiamo celebrando è un evento di Chiesa, dove tutti siamo coinvolti. Cosimo ci appartiene perché è figlio di questa nostra Chiesa. Appartiene certamente alla sua famiglia – e qui ringrazio i suoi genitori per avergli consentito di compiere il cammino di fede, sfociato nell’esperienza dell’ascolto della proposta del Signore Gesù – ma ancor di più appartiene alla comunità ecclesiale che lo ha generato alla fede e lo ha accompagnato con la preghiera e l’incoraggiamento in questi anni di formazione, soprattutto quando il cammino si faceva faticoso. Da oggi appartiene al nostro Presbiterio, che si arricchisce di una forza giovane, che tale deve mantenersi anche con il passare degli anni e lo rimarrà se il suo cuore si terrà costantemente unito al Cuore del Buon Pastore. Cari fratelli presbiteri, accogliamo Cosimo come il dono che Dio ci fa per mantenere giovane anche il nostro cuore.

Carissimi fratelli e sorelle,

carissimo Cosimo,

questa sera il Signore ci convoca attorno al mistero più grande che ha lasciato alla sua Chiesa: la sua fedeltà che si fa carne nell’Eucarestia. La Chiesa vive dell’Eucarestia ed è plasmata dalla forza dell’Eucarestia. Non è di poco conto questo contesto eucaristico per il tuo ministero, caro Cosimo. Esso crescerà nella misura in cui ogni giorno ti confronterai con l’evento che è posto nelle tue mani e soprattutto se ti conformerai a Colui che nell’Eucarestia è presente: “renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della Croce di Cristo”, ti dirò tra poco. L’Eucarestia sia sorgente quotidiana da cui attingere per divenire, giorno dopo giorno, uomo innamorato. Sì, carissimo Cosimo, sii uomo innamorato e non uomo dal cuore avvizzito e sclerotizzato. Innamorato di Cristo e innamorato di ogni fratello e sorella che il Signore ti fa incrociare nel ministero. Ricorda sempre, carissimo Cosimo che sei chiamato a diventare segno vivo di Cristo nella Chiesa e nel mondo. Sei stato scelto per questo. Da uomo innamorato, devi portare a Cristo e non a te la gente che ti verrà affidata. Noi siamo solo strumenti, chi salva è Cristo, che ha dato la vita per noi.

Le letture di questa domenica, XXV del Tempo ordinario, sono una vera bussola per il tuo ministero. Ci permettono di contemplare, come in un mosaico, ciò che il Signore chiede a chi chiama per essere segno e strumento della sua misericordia nella Chiesa e nel mondo.

Il profeta Amos (Am 8,4‑7), abbiamo sentito, alza la voce con veemenza contro chi sfrutta i poveri, chi piega la religione ai propri interessi, chi fa del denaro un idolo. Una parola antica, ma tremendamente attuale: oggi, come allora, ci sono “bilance false”, mercati truccati, povertà ignorate, persone ridotte a numeri. Si calpesta la dignità di chi è senza voce e senza ritegno si cancella il futuro dall’orizzonte della vita di tanta gente. La tentazione di mettere al centro l’efficienza, il successo, l’apparenza purtroppo è forte anche nella Chiesa.

Tu, caro Cosimo, sei chiamato a essere voce libera, come Amos. Il presbitero non può tacere davanti alle ingiustizie, non può essere complice del silenzio. La tua parola sia sempre veritiera, scomoda se serve, ma sempre abitata dalla carità e dalla compassione.

Anche il Salmo mette un tassello prezioso nel mosaico che stiamo contemplando. Ci ha ricordato che “il Signore rialza il povero dall’immondizia” ed è in questo stile del nostro Dio l’essenza del ministero sacerdotale. Rialzare. Sollevare. Farsi ponte tra le macerie di una vita distrutta e la Grazia. Il prete non è un funzionario del sacro, che lavora ad ore e non va oltre il dovuto, ma uno che sta con i poveri, che ha il coraggio di sporcarsi le mani, che non si scandalizza delle ferite dell’umanità. Uno che si china, che accoglie, che ascolta. Non giudica ma cura le piaghe di chi è schiacciato dal male con il balsamo della tenerezza e della misericordia.

Un ulteriore elemento prezioso ci viene donato da San Paolo, che nel brano ascoltato, ci indica una dimensione altrettanto pure essenziale: la preghiera per tutti, senza distinzione. Non per chi “se lo merita”, ma per ogni uomo e donna, anche per i lontani, anche per i nemici. Il presbitero è intercessore, uomo del dialogo tra Dio e l’umanità. “A voi parlerò di Dio, a Dio parlerò di voi”, era il titolo della raccolta di scritti di un grande Vescovo del passato, che ricalcava quanto il biografo diceva di San Domenico: “o parlava di Dio o parlava con Dio”! Il prete non può chiudersi nella sacrestia, a interessarsi delle cose da custodire. Deve essere invece uomo che vive il tempio, come luogo dove porta ogni vita nella sua preghiera, e uomo che vive la strada, per incrociare il vissuto concreto della gente, portandovi il frutto della sua preghiera.

La pagina del Vangelo completa il quadro, offrendo la radice genuina che può dare linfa alla scelta di mettere la propria vita a servizio del Vangelo: “Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”. Il cuore del pastore deve essere libero per amare, per amare sempre, per amare tutti, senza distinzione, prediligendo gli ultimi, coloro che non possono ricambiare. Questo permetterà di realizzare quello che il Santo Padre Leone XIV auspicava in occasione del Giubileo dei seminaristi: “Diventare persone e preti felici, ponti e non ostacoli all’incontro con Cristo per tutti coloro che vi accostano”.

Carissimo Cosimo, diventi prete in un tempo speciale: il tempo del Giubileo. Papa Francesco, che ricordiamo con grata memoria, indicendo l’Anno giubilare, chiedeva a noi cristiani di essere segni visibili di speranza in un mondo ferito. Purtroppo le guerre che infierivano allora non si sono fermate, anzi si sono ancor di più inferocite, le povertà si sono aggravate, le solitudini sono diventate più profonde. Sembra sempre più grande l’abisso della malvagità. Ma noi non ci arrendiamo. Noi crediamo che il Vangelo è una forza capace di cambiare il cuore del mondo. Il Vangelo è seme di vita nuova.

Diventare prete nell’anno della speranza, deve portarti ad essere tu stesso speranza incarnata, lasciandoti trasformare dall’Amore di Dio. Sii pertanto:

Speranza per i giovani che non sanno più dove guardare.

Speranza per le famiglie stanche, ferite, divise.

Speranza per chi si sente non capito dalla Chiesa.

Speranza per chi cerca Dio tra le rovine dell’indifferenza.

Speranza per chi porta con sé il fallimento della vita.

Speranza per chi non ha mai sperimentato l’amore vero e ha il cuore indurito dalla solitudine.

Ti lascio tre immagini, tre “abiti spirituali”, che vorrei tu portassi sempre con te nel tuo ministero per tutta la vita:

Il grembiule del servo. Il Vangelo ti chiede di essere servo, non padrone. Non temere di metterti in ginocchio, di lavare i piedi, di ascoltare con pazienza. “Fai carriera” nella carità. Non cercare la sedentarietà del potere ma la dinamicità dell’amore. Aiuta a fare spazio al Vangelo in ogni cuore, a cominciare dal tuo.

La stola del pastore ferito. Indossa la stola con consapevolezza: essa è segno di Cristo Pastore, ma anche del pastore che porta il peccato, la fragilità, la fatica del gregge. Non aver paura della tua debolezza: sarà proprio lì che il Signore opererà i miracoli più grandi. “Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestiti di debolezza per sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore”, scriveva in una preghiera papa Francesco.

La bisaccia del pellegrino. Non sei un arrivato. Sei solo all’inizio. Cammina, Cosimo. Non cercare sicurezze, ma lasciati guidare dallo Spirito. Come discepolo missionario, sii sempre in uscita, attento alle domande della gente, capace di abitare anche i confini dell’esperienza umana. Non guardare indietro, ma proiettati decisamente in avanti certo che la storia è abitato dallo Spirito Santo, che agisce nell’oggi della Chiesa aprendo sempre strade nuove di evangelizzazione.

Carissimi fratelli e sorelle, non lasciamo solo Cosimo. Il ministero presbiterale non è mai un’impresa solitaria. Sostenetelo nella preghiera, incoraggiatelo, correggetelo con carità se necessario, accompagnatelo con l’amicizia che si fa prossimità. Non aspettate che sia lui a fare tutto e a giudicare se non dovesse fare secondo i vostri parametri: piuttosto insieme serviamo gioiosamente la Chiesa.

Carissimo Cosimo, oggi ti affidi a Cristo in un modo radicale. Gli consegni tutto. Fallo con tremore e con gioia. Lui non ti deluderà. Cammina, prega, ama. E lasciati amare. Con te ringrazio il Signore per le persone che ti sono state accanto nella formazione, qui rappresentate dal Rettore don Gianni Caliandro e da altri educatori, anche della nostra diocesi, che saluto cordialmente. Grazie, cari fratelli, per ciò che donate ai nostri giovani, accompagnandoli nel discernimento vocazionale. Il mio grazie raggiunge anche questa comunità parrocchiale, grembo che ha generato Cosimo alla fede e alla vocazione. E grazie a voi, don Vanni e don Pinuccio, per come avete sostenuto il suo cammino. Dio benedica tutti.

Maria, Madre della Speranza, ti accompagni. San Vito, patrono di questa Città, ti custodisca. Il Signore ti faccia pastore secondo il suo Cuore, pastore mite, fedele, appassionato, sempre pronto a dare la vita. Buon cammino!