Lo stemma di S. E. R. Mons. Giuseppe Favale, Vescovo eletto della Diocesi di Conversano– Monopoli, è costituito – oltre che dai classici elementi di ornamento, come il cappello prelatizio di verde con i fiocchi da vescovo – da uno scudo di foggia rinascimentale accollato a una croce in oro ornata da cinque gemme rosse, che indicano le piaghe del Signore crocifisso e risorto.
Si può blasonare come segue: Interzato in scaglione: nel 1° al fusato d’argento e di rosso; nel 2° allo scaglionetto d’azzurro caricato di una stella (7 punte) d’argento a destra e di un fiore di nardo d’oro a sinistra; nel terzo di oro. (Blasonatura del dott. Renato Poletti).
Interpretazione:
L’alternanza dei fusi rossi e bianchi al primo allude al sacrificio di Cristo sulla croce, come narrato nel Vangelo di Giovanni (cf 19,34), laddove si legge che dal costato trafitto del Salvatore fluirono il sangue e l’acqua – significati dall’accostamento dei due smalti – che l’interpretazione patristica ha voluto indicare come simboli dei sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia.
Da tale fiume di grazia è costituita e irrorata la Chiesa, che lo scaglionetto di blu (colore caro alla tradizione iconografica orientale per indicare la natura umana e qui usato per significare tutti i membri della Chiesa) traduce alludendo, con la sua forma, alla copertura di un edificio. Tra le immagini con cui nel Nuovo Testamento ci è stata rivelata la natura intima della Chiesa – come ricorda il Concilio – vi
è quella della costruzione, specificata con vari appellativi:è la casa di Dio in cui abita la sua famiglia; è la dimora di Dio con gli uomini; è il tempio santo, raffigurato visibilmente nei santuari di pietra, assimilato dalla liturgia alla città santa, alla nuova Gerusalemme. In essa noi siamo come le pietre vive impiegate qui in terra nella costruzione (cf Lumen gentium 1,6). Della santità che edifica la Chiesa è sublime esempio la Beata Vergine Maria – celebrata come membro eccelso e del tutto eccezionale della Chiesa e sua figura e meraviglioso modello nella fede e nella carità (LG 8,53) – rappresentata dalla stella d’argento a sette punte, che precede Cristo, stella luminosa del giorno ottavo che non conoscerà mai tramonto.
Accanto alla stella mariana, carica lo scaglionetto a sinistra anche un fiore di nardo di colore oro, simbolo di san Giuseppe, sposo della Vergine Maria, patrono della Chiesa universale e santo di cui il Vescovo porta il nome. La santità di Giuseppe, uomo giusto, disponibile e fedele al progetto di Dio, è racchiusa nella missione del custodire che, se pure riguarda tutti gli uomini, diventa mandato particolare dei cristiani e in specialissimo modo dei Vescovi. La scelta dell’infiorescenza gigliacea in questa versione grafica è un omaggio espresso al Santo Padre Francesco, nel cui stemma pontificale così è redatto.
L’oro nel terzo è la trasposizione del colore del miele, raccolto nel favo a cui la punta dello scudo intende riferirsi, citando così allusivamente il cognome del Vescovo.
Insieme con gli altri fedeli, in virtù del battesimo, anche il Vescovo è destinatario e custode della ricchezza della grazia, ma in virtù del suo mandato pastorale ne è pure il primo dispensatore affinché per mezzo della sua guida forte e soave (fortiter ac suaviter), tutti coloro che gli sono affidati, siano ammaestrati nella fede e, santificati dai sacramenti, gustino la dolcezza del Signore.
Il motto: RESPICITE AD DOMINUM
Le parole scelte da mons. Favale per il suo motto episcopale, ispirate al Salmo 34,6 sono la sintesi della
premura pastorale della Chiesa, e quindi del Vescovo verso tutti, perché accogliendo il fluire della grazia e della misericordia del Signore, gustando e vedendo quanto Egli è buono, a Lui possa volgersi ogni creatura.