“Seguimi” (Gv 21,19).
È risuonato ancora una volta stasera in mezzo a noi l’invito che il Signore Risorto rivolse all’Apostolo Pietro sulle rive del mare di Tiberiade, a conclusione di un intenso dialogo tra il Maestro e il discepolo. È la proposta che in tanti hanno accolto rispondendo alla chiamata del Signore. L’ha sentita S. Nicola, di cui celebriamo oggi la festa, e sappiamo come a quest’invito egli abbia risposto prontamente, divenendo pastore buono e fedele della Chiesa di Mira. L’ascolti tu in particolare, caro don Mikael, perché la pagina evangelica oggi è rivolta anzitutto a te, è donata a te, che sei protagonista di un evento di grazia.
È sempre avvincente il racconto di San Giovanni, che leggiamo nel capitolo finale del suo Vangelo, tra le manifestazioni del Risorto dopo la Pasqua. Approdati sulla riva del lago dopo la pesca prodigiosa, realizzata grazie alla parola di Gesù e dopo aver consumato il pasto preparato dallo stesso Gesù, il Maestro si rivolge a Pietro, che era corso a nuoto verso di Lui dopo averlo riconosciuto, chiedendogli se lo amasse più degli altri discepoli.
Pietro ha alle spalle non solo anni di vita condivisa nell’annuncio del Vangelo, ma anche l’esperienza della propria fragilità avendo abbandonato Gesù nelle ore drammatiche della sua morte. Eppure.. la richiesta di una vera e propria confessione di amore è rivolta proprio a lui! Il Risorto vuole che Pietro dichiari il suo amore assoluto, perché intende affidargli il gregge che è Suo e che egli ha ricevuto dal Padre. Per questo gli chiede: “Mi ami?”. La lingua greca usa il verbo “agapàn”, che significa amore senza riserve, totale, come è l’amore di Dio verso l’umanità. Pietro, che vive l’esperienza di una sequela ancora fragile – non ha ancora ricevuto, come del resto gli altri Apostoli, il dono dello Spirito a Pentecoste – gli risponde semplicemente con “Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Il suo è ancora un amore umano, come può essere quello tra due buoni amici. “Philèin”, secondo la lingua greca. Un amore certamente sincero, ma non radicale. Un amore che ancora non porta a dare la vita per l’amato. Gesù insiste nel chiedergli amore assoluto, ma Pietro non riesce ancora a cogliere la portata della domanda e rimane nel suo amore limitato.
Alla fine è Gesù che scende al livello di Pietro. Sa che al momento non può andare oltre nell’amore oblativo, per questo gli chiede solamente: “Mi vuoi bene?”. Pur non essendo ancora eroico, è tuttavia autentico il sentimento di Pietro verso il Maestro: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”. È sincero! Per Lui ha lasciato tutto, con Lui si è messo in cammino verso un futuro incerto, senza sicurezze. Ha vissuto momenti intensi di amicizia, spettatore di fatti straordinari: guarigioni, risurrezioni di morti, gente recuperata nella propria dignità. Il Suo sguardo penetrante e la Sua parola lo avevano conquistato. Gli vuole bene davvero! E a Gesù questo basta per affidargli la responsabilità del Suo gregge: “Pasci i miei agnelli”, “pascola le mie pecore”. Con il fuoco dello Spirito di Pentecoste avverrà poi il salto di qualità nell’amore, e non solo per Pietro, ma anche per gli altri Apostoli. Solo lo Spirito Santo, che è fuoco di Amore, permette all’uomo di amare come ama Dio.
“Seguimi!”: è l’amore, anche se ancora imperfetto, che permette di seguire il Maestro. Senza amore la sequela rischierebbe di essere una semplice avventura, legata ad un’infatuazione, ad un colpo di testa, che prima o poi lascia il cuore deluso. Chi dice il suo “eccomi” al Signore che chiama a seguirLo, deve avvertire nel cuore fremiti di gioia, che nascono da un amore appassionato per Lui.
Poco fa hai pronunziato tu, carissimo don Mikael, l’eccomi della sequela. E a te stasera il Signore, come un giorno a Pietro sulle rive del mare di Tiberiade, dice: “Seguimi”, cioè “imitami”, perché la sequela del Maestro non può che portare a calcare le orme dell’Amato. Commentando in una sua omelia il testo giovanneo, è così che san Beda il Venerabile chiarisce il senso di questa imitazione-sequela: «Seguimi, cioè imitami. Seguimi non tanto col movimento dei piedi quanto con la pratica della vita: infatti “chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato”(1 Gv 2,6)». Tutta la vita del chiamato deve profumare di Cristo. Questo è il fine della vocazione, di ogni vocazione, soprattutto della vocazione al ministero ordinato: diffondere nel mondo la fragranza del profumo dell’amore di Cristo.
Tu, caro don Mikael, da sempre sei stato amato da Colui che ha pronunciato il tuo nome fin dal grembo di tua madre, chiamandoti ad essere suo servo. Così è avvenuto per il profeta di cui parla la pagina di Isaia, ascoltata nella prima lettura. Egli era stato plasmato servo del Signore sin dal seno materno ed era stato reso dallo stesso Signore luce delle nazioni, perché portasse la salvezza fino all’estremità della terra. È bello pensare a questo sguardo del Signore che si volge sull’eletto quando è ancora nel grembo materno. Il Signore ci pensa e ci ama da tutta l’eternità ed è Lui che ci plasma e ci crea, facendo di noi una meraviglia stupenda, come ci fa pregare il salmo 139.
Tu questo amore lo hai conosciuto attraverso il cammino di fede che hai percorso, dapprima nella tua famiglia – e qui desidero ringraziare di cuore i tuoi genitori Annalisa e Lorenzo per averti iniziato alla vita cristiana – e successivamente nella Parrocchia S. Maria Assunta in Polignano a Mare, dove l’esperienza cristiana è cresciuta e maturata fino al momento in cui sei stato afferrato da un amore più grande, che ti ha fatto intraprendere il cammino di discernimento verso il Sacerdozio ministeriale. Le comunità del Seminario diocesano a Conversano e del Seminario regionale a Molfetta hanno guidato il tuo percorso e tu, mettendo a frutto i tanti talenti ricevuti, aprendoti al dono della Sapienza, hai compreso che il progetto di Dio sulla tua vita ti portava all’eccomi della sequela del Buon Pastore. In questo momento vorrei ringraziare tutti i Sacerdoti e formatori che a diverso titolo ti hanno accompagnato negli anni splendidi della tua adolescenza e della tua giovinezza e che stasera sono qui a farti corona, insieme a tutto il nostro presbiterio. Grazie, cari fratelli presbiteri, perché avete permesso a Mikael di crescere nella fede e nell’adesione entusiasta alla proposta del Signore. A tutti i sacerdoti qui presenti permettete che chieda di accompagnare i nostri giovani, ragazzi e ragazze, nel discernimento vocazionale. Aiutateli ad aprirsi al mistero di Dio. Non soffocate la voce del Signore; incoraggiate, invece, alle scelte alte della vita, ad andare controcorrente in un contesto sociale, qual è il nostro, che a volte sembra voler fare a meno di Dio e che non comprende – e spesso deride – chi decide di abbandonare tutto per consegnarsi all’Amore.
“Seguimi!”, “pasci i miei agnelli”, pascola le mie pecore”. Il Signore chiama a seguirlo e affida ciò che ha di più prezioso. I suoi agnelli, le sue pecore sono coloro che ascoltano la sua voce e lo seguono, sono coloro per i quali ha dato la sua vita. Ma sono anche coloro che vivono fuori dal recinto, quelle che scelgono di allontanarsi e si disperdono e spesso cadono nei dirupi e tra le spine. E, ancora, sono quelli che non lo hanno conosciuto… e sono tanti! Quel giorno lontano è stato Pietro il primo destinatario di questo affidamento. Nel corso della storia sono stati tutti coloro che mediante l’Ordine sacro sono stati costituiti Pastori della Chiesa. Stasera sei tu, caro don Mikael, che ricevi in dono il gregge del Signore. È questo il motivo fondamentale della chiamata al Sacerdozio ministeriale. Il Signore vuole che da oggi, esercitando il sacro ministero, tu pasci il Suo gregge. Devi totalmente consacrarti a questa missione. Se vivi il tuo Sacerdozio chiuso in una sfera di intimismo spirituale, ti accorgerai subito della fatica che comportano le grandi scelte di vita che hai già fatto con l’ordinazione diaconale e che stasera rinnoverai, mentre dallo Spirito sarai conformato a Cristo, Sommo ed eterno Sacerdote. Se invece ti farai pastore tra il gregge, felice di camminare con tutti – con chi cammina con passo spedito come anche con chi cammina più lentamente – guardando negli occhi chi ti è stato affidato…: da quell’incrocio di sguardi, ricco della tua interiorità, coltivata dalla preghiera, riceverai una forza che ti permetterà di percorrere tutte le strade della vita, anche le più impervie e rischiose. Ricorda, ricordiamolo sempre tutti, vescovo e presbiteri: chi ci viene affidato non ci appartiene, è di Cristo. Lui li dona a noi e noi li dobbiamo accompagnare e sostenere, e mai spadroneggiare su di loro!
Sit amoris officium pascere Dominicum gregem! “Sia impegno dell’amore pascere il gregge del Signore”. Così abbiamo ascoltato oggi nella Liturgia delle Ore, nella festa di S. Nicola, dalla bocca di S. Agostino, che continuando afferma: «Coloro che pascono le pecore di Cristo con l’intenzione di condizionarle a se stessi e di non considerarle di Cristo, dimostrano di amare non Cristo, ma se stessi, spinti come sono dalla cupidigia di gloria o di potere o di guadagno, non dall’amore di obbedire, di aiutare, di piacere a Dio. […] Il male che più di ogni altro devono evitare quelli che pascono le pecore di Cristo, è quello di ricercare i propri interessi invece di quelli di Gesù Cristo, asservendo alle loro brame coloro per cui fu versato il sangue di lui». E conclude, svelando il segreto per essere autentici pastori del Suo gregge: «Colui che pasce le pecore di Cristo, deve crescere nell’amore di lui». Crescere nell’amore di lui! Sia questo il tuo anelito quotidiano, caro don Mikael. Ricerca la comunione di vita con Colui che dà senso al nostro essere e al nostro operare. Solo il dialogo orante con il Maestro farà sì che il fuoco dell’amore rimanga costantemente acceso nel cuore. E sarà quell’amore a spingerti ad andare “fuori”, ben oltre i tuoi progetti e i tuoi desideri, per raggiungere la carne martoriata di Cristo nei tanti poveri presenti anche nelle nostre Città. Poveri non solo di beni materiali, ma poveri anche interiormente, perché feriti dalle prove della vita; poveri perché soli e insignificanti agli occhi dei potenti di turno, che non si occupano del bene comune.
Alla scuola del Buon Pastore, esercita la carità pastorale, che ti porta ad essere costruttore di unità nel gregge di Cristo. Il fine di tutto ciò che farai sia “edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo” (Ef 4,12-13). Impara a parlare al cuore della gente. Non abituarti ai discorsi preconfezionati, alle frasi fatte, che vanno bene per tutte le occasioni e che scivolano via come l’acqua sulla pietra. Tutti invece avvertano che quel che tu dici viene da un cuore appassionato, che parla con la gente dopo aver parlato con il Maestro. Ama e sarai amato. Non avere sicurezze umane su cui poggiarti, fidati invece di Colui che ha parole di vita eterna.
Il fulcro della tua giornata di pastore sia l’incontro eucaristico con il Signore. Unisciti alla Sua offerta che si compie sull’altare del sacrificio pasquale e prolunga il dialogo orante con Lui nell’adorazione. A contatto con Lui, ispirandoti all’icona evangelica del Buon Pastore, imparerai cosa vuol dire pascere il gregge del Signore. A me, prendendo spunto proprio dal capitolo 10 del Vangelo di Giovanni, piace declinarlo con quattro verbi, che affido alla tua e alla nostra considerazione: conoscere, custodire, formare e guidare. In queste quattro responsabilità è delineato l’identikit di ogni pastore.
Cari fratelli e sorelle, quel che stiamo celebrando non riguarda solo don Mikael. È un dono fatto a lui per l’utilità comune. Capite allora come siamo tutti coinvolti. È festa di Chiesa, è festa di popolo, è festa di una comunità che è grata al Signore che non fa mancare pastori secondo il Suo cuore. Non vogliamo solo gioire stasera, vogliamo soprattutto pregare, consapevoli come siamo che ogni dono perfetto viene da Lui, dal Signore della vita. Per questo, attingendo alla preghiera colletta della Messa che stiamo celebrando, vogliamo chiedere al Signore che don Mikael, come lo è stato S. Nicola, possa essere “un pastore buono, instancabile nel donarsi a tutti”.
Alla Madre del Signore chiediamo di accompagnare il ministero di don Mikael, donandogli quella prontezza nel servizio che Lei ha vissuto quando in fretta si è alzata ed è andata da Elisabetta per condividere con lei la gioia della maternità, entrambe consapevoli di essere state ricolmate della Grazia di Dio.
Santa Maria, grembo santo che ha fatto germogliare la Salvezza, dimora Immacolata dell’Altissimo, tieni sempre vivo con la tua preghiera il fuoco della carità nel cuore di don Mikael. Amen.