Omelia Mercoledì della XXX settimana del tempo ordinario
Basilica di San Pietro – 29 ottobre 2025
Pietro è qui. Così fu trovato scritto su un frammento di muro rinvenuto durante gli scavi archeologici compiuti negli anni ’50 nella necropoli sottostante la Basilica Vaticana, che ci accoglie per la celebrazione odierna. Noi siamo pellegrini nell’Anno giubilare per incontrare Pietro, l’Apostolo che dalla Galilea è giunto a Roma per testimoniare il suo amore a Cristo e che insieme a Paolo ha versato il sangue in questa Città. Lo stiamo incontrando venerando le sue Reliquie custodite sotto questo Altare della Confessione e che da secoli attraggono folle di pellegrini che qui vengono per rinsaldare la loro fede. Lo abbiamo incontrato poc’anzi, vivente nel suo Successore Papa Leone XIV, al quale da questo altare vogliamo far giungere ancora una volta il nostro filiale affetto, che diventa preghiera per il suo ministero nella Chiesa.
Cari fratelli e sorelle, che dono trovarci qui, sotto lo sguardo dell’Apostolo Pietro, in questo luogo dove in tanti, da tutto il mondo, vengono pellegrini per attingere alle sorgenti della fede, di cui i due Apostoli sono stati testimoni coraggiosi. Guardando a loro, vogliamo riscoprirne tutta la bellezza e la fecondità! Sì, è bella e feconda la nostra fede nel Dio Amore, che si è rivelato nella pienezza dei tempi diventando uno di noi. Siamo amati da Dio e preziosi ai suoi occhi. Il dono del Figlio amato è il segno di questo amore che mai viene meno (cf Gv 3,16-17). Questa verità, che fa vibrare di intensa gioia il nostro cuore, è stato il fulcro dell’annuncio evangelico, di cui gli Apostoli sono stati testimoni. Il Giubileo è proclamazione di questo annuncio. Noi celebriamo i 2025 anni dall’Incarnazione del Figlio di Dio, che è entrato nella nostra storia per elevarci all’altissima dignità di figli di Dio e per donarci i beni grandissimi e preziosi a noi promessi, affinché per loro mezzo potessimo essere partecipi della natura divina, come insegna l’Apostolo Pietro (cf 2Pt 1,4).
Siamo una Chiesa in cammino, pellegrina nella storia, che oggi ha attraversato la Porta santa di questa Basilica per esprimere anche visivamente l’impegno ad entrare nel Cuore di Dio. Una Porta ampia e sempre aperta, perché senza limiti è la misericordia di Dio, che perdona e riconcilia. Oggi, con noi nella preghiera portiamo l’intera comunità diocesana, soprattutto quelle parti della comunità che vivono momenti difficili di fatica, di solitudine, di amarezze, di prove, di inquietudini. Vorrei che questo nostro pellegrinaggio giubilare non fosse semplicemente un momento celebrativo, ma un segno profetico. Dopo la forte esperienza spirituale che stiamo vivendo in queste ore, Dio ci sprona a rimetterci in cammino, tenendo accesa la luce della speranza, a lasciarci trasformare dallo Spirito.
Le letture ascoltate ci provocano a questo. San Paolo, (Rm 8,26-30), ci ha consegnato parole di luce: “Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza… lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili.” Quante volte, nella nostra vita personale e comunitaria, ci sentiamo deboli, stanchi, forse disorientati e smarriti. S. Paolo ci dice: non lasciamoci vincere dalla nostra debolezza; piuttosto permettiamo allo Spirito di vincere Lui in noi le nostre debolezze! Lo Spirito Santo non è un’idea, ma una Presenza viva, che abita la nostra vita, abita la Chiesa, le nostre famiglie, le nostre parrocchie. È Lui che ci spinge a non rassegnarci, a non smettere di credere che Dio continua a far nuove tutte le cose. Fratelli e sorelle, non temiamo le nostre fragilità. Nel Giubileo impariamo che la grazia di Dio, mentre ci chiede di essere perfetti come è perfetto il Padre che è nei cieli, nello stesso tempo ci offre lo strumento per crescere nella perfezione, ovvero l’essere docili all’azione dello Spirito. Non si tratta di fare chi sa quali attività, ma di lasciarci guidare da Lui, di lasciarci plasmare dalla sua forza. Solo così l’opera di Dio cresce in noi.
Nella pagina del Vangelo (Lc 13,22-30), Gesù ci ha spronato: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta.” Questa parola che a prima vista potrebbe scoraggiare, è invece piena di speranza. La “porta stretta” non è quella che esclude, ma quella che ci educa, che ci purifica, che ci converte. È la porta dell’amore vero, del servizio, della fedeltà quotidiana, spesso crocifiggente. È la porta che rinnovandoci, ci fa creature nuove, rivestite di Cristo. È la porta che ci farà entrare nel Regno di Dio. E noi, come comunità, vogliamo entrare attraverso quella porta insieme. Non si entra da soli nel Regno di Dio! La porta stretta si attraversa mano nella mano, come comunità che si sostiene, che vive il perdono, che cammina unita. Il Giubileo ci chiede di scegliere: vogliamo essere una Chiesa che si accomoda facendo sempre le stesse cose o una Chiesa viva capace di rinnovarsi continuamente? Una Chiesa che custodisce le sicurezze, a volte sterili, o una Chiesa che si apre al rischio del Vangelo? È questa la porta della speranza, dove il Vangelo torna ad avere il volto della misericordia e della gioia.
San Paolo ci ha ricordato ancora che siamo “predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo”. Ecco il fine del nostro cammino: diventare sempre più simili a Gesù. Non ci è chiesto di moltiplicare le attività, ma di rinnovare lo sguardo volgendolo verso di Lui per far nostri i sentimenti del Suo Cuore. E cosa ci chiede Dio? Di essere santi come Lui è santo (cf Lv 19, 2). Una santità che si esprime negli umili gesti quotidiani. Il Giubileo ci invita a riscoprire che la santità non è per pochi, ma è la vocazione di tutti. La speranza di cui siamo portatori nasce proprio da qui: dal credere che Dio può fare grandi cose nella vita di ciascuno di noi.
Alla luce di questo, cari fratelli e sorelle, lasciatemi esprimere un sogno, che condivido con voi presso il sepolcro dell’Apostolo Pietro. Io sogno la Chiesa di Conversano-Monopoli che non si chiude nelle proprie sicurezze legate alle consuetudini pastorali, ma che osa la profezia, quella vera, quella che nasce dal Vangelo. Una Chiesa che sa ascoltare, che sa stare accanto alle ferite e ai dolori della gente, che non teme di sporcarsi le mani in nome del Vangelo. Sogno una Chiesa che apre strade nuove di prossimità, che non si lamenta ma si rimbocca le maniche, che non teme il futuro perché sa che il Signore cammina davanti a noi. Non guardiamo al passato con nostalgia, ma con gratitudine; e guardiamo al futuro non con paura, ma con fede. Perché lo Spirito che ha iniziato l’opera buona in noi non smetterà certamente di portarla a compimento!
Fratelli e sorelle, da questa Basilica che abbraccia il mondo, ripartiamo come pellegrini di speranza. Lasciamoci possedere dallo Spirito che prega in noi, accogliamo la sfida della porta stretta e viviamo la gioia della nostra chiamata alla santità. E torniamo nelle nostre città, nelle nostre comunità e famiglie, nei nostri luoghi di lavoro e di missione, come testimoni di un Dio che non delude, come annunciatori di una speranza che non muore. Portiamo ovunque, la certezza che il Vangelo è ancora forza viva, capace di rigenerare la storia.
“Tutto concorre al bene per quelli che amano Dio.” (Rm 8,28), così ci ha ricordato l’Apostolo. Ecco la certezza della fede. Tutto — anche ciò che non comprendiamo — concorre al bene, se restiamo nell’amore di Dio. Questo è il cuore del Giubileo: credere che Dio non smette mai di scrivere storie di salvezza. Fratelli, sorelle, Chiesa di Conversano-Monopoli: camminiamo insieme, con gli occhi fissi su Cristo e il cuore pieno di speranza. Il Signore ci precede, lo Spirito ci accompagna, la gioia del Vangelo ci rinnova. Camminiamo custoditi dallo sguardo dolcissimo di Maria nostra Madre. Amen.