Venerdì della XXXIV Settimana del Tempo Ordinario
È ancora vivo in me il ricordo di quanto vissuto lo scorso anno a conclusione dell’Assemblea generale dei Vescovi italiani, quando l’allora Presidente il Card. Gualtiero Bassetti annunciava ai presenti che Papa Francesco in quel momento stava firmando il Decreto per il riconoscimento dell’eroicità delle virtù del Servo di Dio Mons. Antonio Bello. Un fragoroso applauso accolse la notizia e un senso di profonda gioia si coglieva sui volti dei Vescovi italiani. L’emozione era palpabile e soprattutto c’era tanta gratitudine verso il Santo Padre, che con quell’atto offriva alla Chiesa un modello di credente e di pastore che poteva finalmente essere invocato con il titolo di Venerabile, in attesa del successivo passo della Beatificazione, che tutti ci auguriamo possa avvenire al più presto. Soprattutto noi Vescovi cogliemmo in quell’atto che si stava compiendo il riconoscimento di una santità eroica vissuta da un uomo che si era totalmente consumato nel ministero, fino a diventare icona perfetta di Gesù Buon Pastore. Egli diventava, per noi Vescovi in particolare, modello riconosciuto dalla Chiesa di come si può essere oggi Pastori credibili, perché testimoni del radicalismo evangelico, in un mondo che appare per lo più secolarizzato e attraversato da problematiche sociali e culturali che segnano la vita di tanti. Un mondo però che, nonostante tutto, “ha fame” di testimoni del Vangelo!
Ad un anno di distanza siamo qui ad Alessano per fare memoria di quell’evento e rendere grazie al Signore perché la Chiesa ha riconosciuto che nella vita di don Tonino ha agito lo Spirito Santo, che ha portato alla perfezione la santità battesimale di un cristiano che ha creduto sino in fondo all’Amore. Siamo qui ad Alessano dove il grembo del fonte battesimale ha fatto rinascere dall’acqua e dallo Spirito il piccolo Antonio, immettendo nella sua vita il seme della santità, che poi è meravigliosamente cresciuto, portando frutti che ancora oggi possiamo gustare.
Sono grato al carissimo vostro Vescovo Vito per avermi invitato a presiedere l’Eucarestia e a dare un mio personale tributo di affetto verso l’indimenticato Vescovo, da me conosciuto nei lontani anni della formazione nel Seminario regionale di Molfetta. Ricordo molto bene il suo ingresso in diocesi nella festa di Cristo Re e la celebrazione che venne a presiedere il lunedì mattina alle 7.00 in Seminario nella memoria di San Clemente I, papa. Fummo colpiti noi seminaristi di allora dall’attenzione e dalla premura verso il Regionale del nuovo Vescovo della Città che ci ospitava. Ancor di più fummo colpiti dalla sua amabilità e dalla freschezza della sua parola, caratteristiche queste che poi sarebbero risaltate negli anni successivi in maniera straordinaria, conquistando credenti e non credenti. In quelle prime ore della sua presenza a Molfetta, nella sua persona già si percepiva un passaggio particolare dello Spirito.
Don Tonino, come del resto tutti i Santi, è il segno che Dio è all’opera nella storia. Don Tonino è un dono che Dio ha fatto germogliare all’interno del suo popolo santo. Egli è frutto della santità di questo popolo salentino, popolo umile e generoso, fedele e coraggioso. Egli è l’espressione più nota di una santità nascosta, fatta di sacrificio e di generosità, di tante persone che hanno raggiunto l’eroicità delle virtù attraverso la ferialità di una vita donata nell’amore, di cui è esempio la stessa mamma di don Tonino, mamma Maria, donna di fede semplice e solida, come la definisce il Decreto della Congregazione. Ed è significativo che don Tonino abbia scelto come luogo del suo riposo in attesa della risurrezione questa terra che lo ha generato alla vita, alla fede e alla santità.
Permettete, cari fratelli e sorelle, che con voi compia anzitutto un atto di fede verso il Dio che è fonte di ogni santità. Sì, è Lui che suscita uomini e donne capaci di prendere sul serio la proposta evangelica, accettando di andare con coraggio controcorrente rispetto alle proposte allettanti del mondo. È Lui che ispira scelte di radicalità, dando la grazia di perseverare, nonostante tutto, in esse. È Lui che rende Vangelo vivente quelle creature che nella libertà dei figli di Dio aderiscono agli impulsi dello Spirito Santo. È Lui che esalta, rendendoli modelli di vita nuova, coloro che scelgono di farsi piccoli, mettendosi all’ultimo posto e facendosi servi dei fratelli. Carissimi, insieme vogliamo riconoscere con immensa gratitudine che don Tonino è stato ed è un dono di Dio fatto alla Chiesa e all’intera umanità. Sì, all’intera umanità: perché don Tonino non appartiene solo al popolo dei credenti, ma anche a tanti che, pur non rifacendosi all’esperienza cristiana, vedono in lui un fratello, un amico e forse anche un confidente. E sono tanti quelli che ancora oggi affermano di dialogare con lui attraverso i suoi scritti, vera miniera inesauribile da cui è possibile attingere parole di speranza e di consolazione!
Lasciandomi guidare dalla Parola di Dio ascoltata poc’anzi, a me piace stasera evidenziare quella che ritengo essere l’ispirazione di fondo del suo servizio alla Chiesa e nella Chiesa, quasi la radice della sua azione profetica. Il suo intendimento di fondo – e credo che questo possa essere anche una chiave di lettura del suo ministero – è sempre stato far passare la storia da semplice krònos a kairòs, ovvero considerare i giorni che scorrono non come un semplice susseguirsi di frazioni di tempo quanto un “luogo teologico” dove Dio è all’opera e si rivela. Nella pagina del Vangelo Gesù, attraverso una parabola, invita i discepoli a guardare a quanto avviene nella natura per imparare a leggere i segni che annunciano l’approssimarsi del Regno di Dio. “Osservate la pianta di fico e di tutti gli alberi: quando germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina”. Osservare per capire! Come non cogliere in queste parole un invito ad esercitarsi nell’arte del discernimento, che permette di interpretare l’agire di Dio nella storia, quell’arte in cui ci stiamo esercitando in questi anni in cui la Chiesa è chiamata a vivere la sinodalità? Il Regno di Dio è vicino, però bisogna saperlo scrutare, intravederlo nei solchi nascosti e fecondi della storia.
A me pare che il Signore abbia dato a don Tonino una straordinaria capacità di osservare e capire quanto avveniva nei suoi giorni. Egli è stato una sentinella sempre vigile che non ha mai smesso di scrutare l’orizzonte. Quali i suoi punti di osservazione? Il tabernacolo, ovvero l’Eucarestia, e la strada! Il tabernacolo: dove egli contemplava il suo Signore e Maestro e dove cresceva nell’intima comunione di vita con Lui, leggendo i fatti quotidiani illuminati dalla Parola (non dimentichiamo il suo richiamo ad avere tra le mani giornale e Bibbia!). La strada: dove egli con gli occhi colmi di luce e con nel cuore i sentimenti di Gesù, incontrava l’uomo nella concretezza della sua vita, intrisa di gioie e speranze, tristezze e angosce (cf GS 1), scegliendo soprattutto i poveri come destinatari delle sue tenerezze di padre e fratello. Questi due luoghi si intersecavano continuamente nella sua esperienza di ogni giorno. Dal tabernacolo, luogo della contemplazione amorosa del suo Signore, partiva per raggiungere i luoghi della vita di coloro che gli erano stati affidati; al tabernacolo ritornava per interpretare alla luce della Parola eterna – sì, eterna perché come abbiamo ascoltato a conclusione della odierna pagina evangelica: “il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” – quanto aveva vissuto negli incontri più disparati avvenuti lungo la strada. Se il suo ministero episcopale fu, come dice il Decreto che dichiara l’eroicità delle virtù, “caratterizzato da affabilità e generosità, assoluto disinteresse per se stesso, stile sobrio e povero, totale dedizione e infaticabilità”, ciò fu possibile perché i suoi occhi si posavano su Dio e sui fratelli e sorelle che incontrava, ma ancora di più perché il suo cuore palpitava di amore per Dio e per i fratelli e le sorelle.
Quando uno ama, si lascia trascinare dall’Amore e quell’Amore diventa fuoco che divora: “caritas Christi urget nos”, dice l’Apostolo Paolo (2Cor 5,14). Sì, se l’amore di Cristo ci possiede, siamo spinti ad agire mettendo in atto scelte anche eroiche, che portano fino al dono della vita. Così è stato per don Tonino! Posseduto dall’Amore di Cristo, il suo sguardo sapeva leggere i segni dei tempi e non si estraniava dalla storia. Capiva ciò che il Signore gli chiedeva in quel momento e sapeva dire il suo sì entusiasta e senza tentennamenti, incamminandosi anche per sentieri impervi e carichi di incognite. Quante volte ha aperto percorsi e oltrepassato frontiere fidandosi solo di Dio, non sapendo dove il Signore lo stesse conducendo? Quanto è stata simile alla fede di Abramo la sua! Il comune padre nella fede lui lo ha saputo imitare fino all’ultimo giorno ed è stata quella fede che lo ha guidato soprattutto nell’ultimo suo viaggio, quello dell’incontro definitivo con il Dio dell’Amore, quando non c’erano più sicurezze umane a sostenerlo, ma solo le braccia amorevoli del Padre buono che è nei cieli.
Carissimi, don Tonino è stato obbediente a quanto l’Apostolo Pietro chiede ai Pastori della Chiesa: “pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge” (1Pt 5,2-3). Davvero lo riconosciamo come modello per tutti noi, fedeli laici, religiosi, religiose, presbiteri e vescovi. In lui rifulgono in maniera eccelsa le virtù teologali della fede, della speranza e della carità, mentre lo riconosciamo rivestito delle virtù cardinali della prudenza, della giustizia, della fortezza e della temperanza. Soprattutto ammiriamo in lui l’amabile tenerezza con cui ha guidato il gregge che gli è stato affidato dal Buon Pastore. In lui non c’era alcun altro interesse se non la salus animarum e mai si è fatto padrone del gregge a lui affidato; si è sempre e solo sentito servo di Gesù Cristo, chiamato ad annunciare la gioia del Vangelo. Con le parole di Papa Francesco, pronunciate proprio qui ad Alessano in occasione del suo pellegrinaggio in queste terre, lo riconosciamo “dono e profezia per i nostri tempi” e come tale lo invochiamo:
Amato vescovo Antonio, caro don Tonino, ci rivolgiamo a te con la confidenza con cui volevi essere accostato, riconoscendo in te un padre, un fratello, un amico!
Invoca per noi il dono della fedeltà alla comune vocazione alla santità battesimale,
chiedi per noi dal Dio dell’amore il coraggio di essere profeti di speranza in un tempo attraversato da conflitti, paure e preoccupazioni,
rendici seminatori di pace, come lo sei stato tu,
spronaci ad intraprendere percorsi di riconciliazione e a lanciarci nell’avventura di una fraternità amabile con tutti,
aiutaci a non perdere mai di vista che la meta della nostra vita è Dio e accompagnaci nel comune pellegrinaggio verso in Regno insieme a Maria, nostra dolcissima Madre, da te teneramente amata, e a tutti gli Amici del Signore che con te vivono la gioia dell’Amore eterno. Amen.