GIOVEDÌ SANTO 2019

Messa del Crisma
18-04-2019

 Tutto oggi, nella liturgia che stiamo celebrando, profuma di gioia. La nostra assemblea, manifestazione visibile della bellezza della nostra Chiesa di Conversano-Monopoli, è protagonista di un’abbondante effusione di Spirito Santo, che è la fonte della vera gioia. Gli olii che tra poco saranno benedetti sono il segno del fiume di Grazia che inonderà nel corso dell’anno la vita delle nostre comunità. Le celebrazioni sacramentali, che sono richiamate da questi olii, sono i momenti fondativi del nostro cammino di discepoli del Signore. Dal Battesimo all’Unzione dei malati, l’intera vita credente è accompagnata dalla carezza dello Spirito Santo, che riempie della sua presenza il cammino della Chiesa nel mondo.

Non poteva esserci segno più eloquente dell’olio per descrivere l’azione dello Spirito Santo. Sin dall’antichità, nelle culture del bacino del Mediterraneo, l’olio è espressione eccellente della forza vitale che entra nell’uomo. Era, ed è, alimento fondamentale per il nutrimento dell’uomo; era, ed è, medicina che ridona al corpo forza e ristoro nella fatica. Il mondo biblico utilizza il segno dell’olio per descrivere l’irruzione del divino nella vita dell’uomo, soprattutto di chi è chiamato da Dio per un compito a servizio del popolo. L’eletto viene unto di olio, a significare che la sua vita viene riempita di un particolare dono divino e consacrato perciò ad una missione. I profeti, i sacerdoti e i re vengono unti perché tutta la loro vita profumi della presenza di Dio. È Lui che con il suo Spirito concede vigore e coraggio perché la responsabilità affidata diventi servizio per far crescere Israele nella fedeltà all’alleanza.

Anche Gesù, il vero profeta, il vero sacerdote, il vero re, viene unto e riempito di Spirito Santo all’inizio della sua missione. Infatti, nel Battesimo ricevuto al Giordano da Giovanni, mentre “stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba” (Lc 3,21-22). Ed è lo Spirito che lo guida nel deserto, dove fu tentato dal diavolo per quaranta giorni (cf Lc 4,1-2). Lui è consapevole di questa presenza e per questo può affermare nella sinagoga di Nazaret – dopo aver letto nel rotolo del profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4,18-19) – “oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21). Gesù è il Cristo perché è unto, consacrato dallo Spirito Santo. Ed è nello Spirito che lui vive una particolare esperienza di dialogo con il Padre: “in quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: ti rendo lodo, o Padre, Signore del cielo e della terra…” (Lc 10,21). Gesù ricolmo di Spirito vive la sua preghiera nella gioia e proprio perché il suo cuore è pervaso dalla comunione d’amore con il Padre, si sente spinto dallo stesso Spirito a portare ai poveri il lieto annunzio, che è liberazione per i prigionieri e gli oppressi e luce per i ciechi.

Carissimi, vorrei con voi riflettere su questo effetto straordinario che produce l’unzione dello Spirito nella vita del credente. I sacramenti del Battesimo, della Cresima, del Sacerdozio ministeriale e della stessa Unzione dei malati, trasmettendo il dono dello Spirito Santo abilitano il cristiano a vivere l’esperienza della gioia e ad essere portatori di gioia nel mondo. Il segno che lo Spirito è in noi e sta agendo in profondità nel nostro essere è proprio la gioia, che deve trasparire da ogni nostro sguardo, da ogni nostro gesto, da ogni nostra parola. Un cristiano che assume perennemente uno stile di Quaresima senza Pasqua (cf EG 6) o che porta costantemente una faccia da funerale (cf EG 10), snatura la propria identità. Se ha incontrato il Cristo, che è vivo ed è sorgente di speranza, non può non far trasparire questa presenza che vivifica il cuore togliendo via il lievito vecchio della tristezza, dei rancori, delle paure, dei dubbi, dei fallimenti. Il cristiano che vive l’esultanza dello Spirito evangelizza, ovvero porta il lieto annunzio ai poveri, anche senza usare parole, perché tutto in lui profuma di Vangelo. È quanto mai attuale, anche nella scia del magistero di Papa Francesco, tutto improntato alla gioia del Vangelo, l’invito che San Paolo VI rivolgeva nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi: “Possa il mondo del nostro tempo – che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza – ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi o scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo” (EN 80).

Come vorrei che la celebrazione odierna della Messa crismale producesse questo prodigio nella nostra Chiesa diocesana: deposto l’abito da lutto, tutti si indossasse la veste di lode e impreziositi dall’olio di letizia si andasse a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, portando consolazione e speranza a tutti gli afflitti (cf Is 61,1-3). Così la nostra Chiesa potrà essere davvero “la stirpe benedetta dal Signore” (Is 61,9)!

Cari fratelli e sorelle, popolo regale, assemblea santa, stirpe sacerdotale, lasciamoci inondare da questo fiume di Grazia che oggi dalla nostra Cattedrale, come da purissima sorgente, sgorga per raggiungere ogni angolo della nostra Diocesi. Bagnati da queste acque salutari, riscopriremo l’unzione ricevuta nei Sacramenti e riassaporeremo la fragranza di quell’olio che ci ha accarezzati trasmettendoci l’ebrezza dello Spirito. Riappropriamoci della nostra vocazione di battezzati, di cresimati, di ordinati; lasciamoci tutti “costringere” dallo Spirito (cf At 20,22) ad andare, come l’apostolo Paolo, lì dove Lui ci vuole condurre per “dare testimonianza al Vangelo della grazia di Dio” (At 20,24).

Mi rivolgo a te, fratello e sorella, che vuoi essere fedele al tuo Battesimo e alla tua Cresima. Il Signore ti chiama ad essere sale della terra e luce del mondo (cf Mt 5,13-16) vivendo la gioia delle Beatitudini. Come ci ricorda il Papa nell’Esortazione apostolica Gaudete et exultate, esse sono come la carta d’identità del cristiano, perché in esse si delinea il volto del Maestro, che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita (cf GeE 63). “Nonostante le parole di Gesù possano sembrarci poetiche, tuttavia vanno molto controcorrente rispetto a quanto è abituale, a quanto si fa nella società. […] Le Beatitudini in nessun modo sono qualcosa di leggero o di superficiale; al contrario, possiamo viverle solamente se lo Spirito Santo ci pervade con tutta la sua potenza e ci libera dalla debolezza dell’egoismo, della pigrizia, dell’orgoglio” (GeE 65). Vivere le Beatitudini è vivere la santità del Battesimo e della Cresima. Consacrati e mandati per essere nella storia semi del Regno di Dio che viene! Santificati per santificare! Così la vita del battezzato e del cresimato diventa linfa che tiene in vita il mondo, tanto amato da Dio da aver mandato il suo Figlio per salvarlo (cf Gv 3,17).

A te, fratello e sorella, che hai scelto di seguire Cristo casto, povero e obbediente mediante un impegno di speciale consacrazione, chiedo di farci intravedere con la tua vita, che è profezia del Regno, la bellezza e la gioia dell’eternità beata verso cui siamo incamminati. Lì, meta del nostro esistere, i nostri occhi vedranno il volto di Dio e, simili a Lui, canteremo per sempre la Sua lode (cf Preghiera eucaristica III). Chiunque ti accosta, chiunque entra nella tua comunità, possa respirare la presenza del Dio amore attraverso la freschezza e la gioia della fraternità vissuta nella radicalità del dono di sé.

Permettimi di accostare te, fratello chiamato al ministero diaconale nella nostra Chiesa. Il Signore fa dono di questa presenza tra noi da venticinque anni, da quando il mio venerato Predecessore Mons. Domenico Padovano ordinò i primi diaconi. Egli, a cui voglio far giungere da questo altare il ricordo orante di tutti noi, fu strumento della Provvidenza per far fiorire tale ministero nella nostra comunità. Il Diacono non è figura secondaria tra il popolo di Dio. La sua vita, votata al servizio, deve essere richiamo costante per la Chiesa a cogliere quella che è la sua vocazione, che è servire l’uomo, ogni uomo, nella situazione concreta del suo esistere. “Come la Chiesa è missionaria per natura, così sgorga inevitabilmente da tale natura la carità effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove” (EG 179). Chiedo a te, fratello diacono, di non dismettere mai il grembiule del servizio, indossato la prima volta da Cristo nel Cenacolo, e di farti prossimo a coloro che, piagati nel corpo e nello spirito, attendono l’olio della consolazione e il vino della speranza. Lo chiedo soprattutto a voi, Antonio, Leonardo, Paolo, Antonio, Fiorenzo, Antonio, che 25 anni fa foste i primi a ricevere il mandato del servizio diaconale nella nostra Chiesa. Siate sempre giovani – pur nell’inevitabile scorrere degli anni –  nel dono totale della vostra vita!

In questo giorno, memoria del nostro Sacerdozio ministeriale, desidero accostare te fratello Presbitero, ricevuto in dono insieme a tutto il Presbiterio tre anni fa dal Buon Pastore. Ti accosto con affetto di padre e di fratello, ammirato per come ti spendi per la causa del Vangelo. Oggi voglio chiederti di ritornare alle radici del tuo ministero, a quella voce che è risuonata nel tuo cuore, a quell’olio che ha unto le tue mani, a quello Spirito che è sceso su di te con l’imposizione delle mani del tuo Vescovo. Hai detto il tuo sì al Signore con l’entusiasmo della tua giovinezza, hai avuto fiducia in Lui e hai consegnato la tua vita alla Chiesa. Sono certo che non ti sei mai pentito dell’eccomi pronunciato dinanzi a quel Dio che “laetificat iuventutem nostram” (cf Sal 42,4 Vulg)! Tra poco ti inviterò a rinnovare gli impegni assunti nel giorno della Ordinazione. Ti chiederò se vuoi essere sempre più intimamente unito al Signore Gesù, perché è da questa comunione vitale con il Maestro che può venire la forza, l’entusiasmo e il coraggio per essere fedeli dispensatori dei misteri di Dio, guidato in questo non da interessi umani, ma esclusivamente dall’amore per i fratelli (cf Domande del Messale Romano).

Il tuo sì, il nostro sì, vuole essere convinta decisione a ridare il primato a Dio nella nostra vita, per ripartire sempre da Lui in ogni nostra scelta pastorale. Questo ci porterà, con l’apostolo Paolo, ad essere sempre più convinti che “noi non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù” (2Cor 4,5). Riposizionarci sulla salda roccia della fede in Dio ci permetterà di vivere e non di sopravvivere, come purtroppo a volte avviene. Permettimi, fratello Presbitero, di richiamare me e te al primato della Grazia nel nostro ministero. Diamo perciò spazio alla preghiera, alla Liturgia delle Ore, alla meditazione della Parola di Dio, all’adorazione eucaristica, al Rosario. Non fermiamoci alla sola celebrazione dell’Eucarestia, pur fondamentale nella nostra vita spirituale. Solo la comunione con il Cristo ci permetterà di essere preti dal cuore grande, capaci di vivere relazioni intense e costruttive con tutti. Avere il fuoco dell’amore di Cristo nel cuore darà qualità alle nostre relazioni nel Presbiterio e con i fedeli. Un prete “si gioca il ministero” proprio nella genuinità delle relazioni. Viviamo relazioni aperte e rispettose dell’altro, non usiamo le persone, doniamoci piuttosto “sine modo” a tutti, cercando in ogni relazione solo la gloria di Dio! Manteniamo ferma la consapevolezza che il Signore ci ha chiamati per stare con Lui e per consumare la nostra vita tra il popolo. Non preti chiusi nel proprio mondo e nelle proprie cose, ma preti, lo ribadisco ancora, “consumati” e non “usurati” dal ministero! Solo così saremo portatori di gioia e faremo rifiorire tante vite spente.

Mi piace in questo momento ricordare con affetto i Confratelli che nell’anno in corso celebrano particolari giubilei: don Nicola Del Nero, don Pasquale Tinelli e don Quirico Vasta il 60mo di Sacerdozio, p. Vito Bracone OFM il 50mo, mentre don Giuseppe Laterza il 25mo. Cari fratelli, a voi il grazie della Chiesa per la vostra vita consegnata a Cristo. Permettete a Dio di continuare la sua opera in voi e non stancatevi di rinnovare il vostro sì generoso a Lui e alla Chiesa.

È per tutti motivo di profonda consolazione accompagnare i giovani verso il Sacerdozio, godendo dei traguardi raggiunti. Con voi rendo grazie a Dio per il dono del presbiterato a don Francesco Ramunni, del diaconato a don Mikael Virginio, dell’accolitato a Giuseppe Cantoro, del lettorato a Martino Frallonardo. Sono le nostre speranze, sono il segno che la nostra Chiesa è madre feconda! Ringrazio Dio che ci sono, ma… sono sempre pochi, rispetto ai bisogni. Per questo non stanchiamoci di pregare e operare per le vocazioni. E questo dono chiedo alla preghiera degli amati Confratelli che hanno concluso il loro pellegrinaggio terreno, dopo aver lavorato con instancabile passione nella vigna del Signore. Don Francesco Borselli, P. Mimmo Fiorentino, don Giovanni Martellotta, don Nicola Giordano vivono ormai in Dio e, ne sono certo, dal Cuore di Dio continuano a starci vicino, non venendo mai meno l’amore per la chiesa che hanno servito.

A tutti voi, fratelli e sorelle, in special modo a voi, amati Presbiteri, dico che vicino – a condividere il gusto per la vocazione di ciascuno – c’è il Vescovo. Credetemi, dal primo momento in cui sono giunto tra voi, non desidero altro che mettermi accanto a ciascuno, con umiltà e tenerezza, non per fare da padrone della vostra fede ma per essere collaboratore della vostra gioia (cf “Cor 1,24), con l’unico intento di dire a tutti: “Respicite ad Dominum, et illuminamini”. Vi chiedo la carità della preghiera, perché possa realizzare tutto questo con instancabile dedizione.

Affido il nostro cammino a Maria, Madre del Bell’Amore e ispiratrice della nostra gioia. Ci aiuti con la sua preghiera a vivere bene i Santi Giorni del Triduo e a gustare nel laetissimum spatium della Pasqua la presenza del Figlio Risorto e dello Spirito effuso da Lui sulla Chiesa.

Amata Chiesa di Conversano-Monopoli, vivi la bellezza del tuo essere sacramento della gioia pasquale!