La Chiesa oggi sosta con gli occhi pietrificati dal dolore ma anche con stupore e amore dinanzi ad una tragedia che ha offuscato e insanguinato i giorni della nascita del Salvatore a Betlemme. Come abbiamo ascoltato nella pagina evangelica di Matteo, Erode, infuriato perché i Magi si erano presi gioco di lui, ordina di uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù. Non sappiamo quanti furono i bambini massacrati dal perfido Erode, sappiamo però che essi furono i primi testimoni del Cristo. Una testimonianza, la loro, resa non a parole ma con il sangue. Sangue innocente! Sangue di bimbi appena nati, appena sbocciati alla vita! Davvero la mente e il cuore dell’uomo sono capaci di tutto quando a dominarli è l’egoismo, l’arroganza, lo strapotere! Ma mentre Erode è stato schiacciato e distrutto dalla sua prepotenza, quel sangue innocente è vivo e parla ancora! Sì, è vivo! E stasera si rivolge a noi per chiederci la coerenza tra le parole di fede che pronunziamo con le labbra e la vita di ogni giorno, così come ci ha invitati a pregare la colletta della Messa. E noi con le parole della liturgia salutiamo e invochiamo i piccoli Innocenti, certi della loro intercessione presso l’Agnello immolato:
Salve, candidi fiori dei martiri,
che sulla soglia stessa della vita
l’ira del persecutore travolse
come il turbine le rose nascenti.
Prime vittime offerte al Redentore,
tenero gregge di agnelli immolati,
giocate con la palma e la corona
semplici e lieti dinanzi all’altare.
Sì, è proprio vero quanto dice il salmo 8: “con la bocca di bambini e di lattanti hai posto una difesa contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli”!
Contempliamoli questi piccoli che in vesti bianche, resi degni dal loro martirio, dal cielo fanno corona a questa nostra assemblea eucaristica, e con la loro presenza chiedono a tutti noi di essere credibili con le scelte di vita, che devono essere riflesso luminoso del Vangelo.
Oggi più che mai c’è bisogno di cristiani che testimoniano che vivere il Vangelo non è utopia e che la radicalità della sequela del Maestro è richiesta a tutti i battezzati e non solo ad alcuni eletti. Formare cristiani coerenti e credibili per evangelizzare il mondo, amato da Dio: a questo deve tendere la missione della Chiesa, che per svolgere tale compito è animata dalla presenza dello Spirito Santo. E nella Chiesa lo Spirito suscita carismi e ministeri perché siano a servizio della comune vocazione alla evangelizzazione. Ogni chiamata del Signore è in funzione dell’evangelizzazione. Non è mai per un’affermazione autoreferenziale o per ottenere riconoscimenti pubblici di prestigio. La chiamata che il Signore rivolge ad una creatura è per il ministero, che è servizio al popolo santo di Dio, affinché condotto da guide sagge e illuminate possa esercitare nella sua interezza il munus profetico che gli è proprio. Ogni battezzato per sua natura è missionario. I doni di grazia ricevuti nel battesimo e confermati nella cresima abilitano alla missione. Il compito dei pastori è suscitare la consapevolezza che si è cristiani autentici solo se si vive fino in fondo l’impegno di evangelizzare ed offrire, al tempo stesso, gli aiuti soprannaturali affinché tale compito possa essere esercitato non solo con la parola, ma anche – e soprattutto – con la testimonianza della vita.
In questo contesto si inserisce l’evento che la nostra Chiesa di Conversano-Monopoli vive stasera qui a Polignano. Il Signore ha scelto e chiamato al ministero ordinato Mikael Virginio perché vuole servirsi di lui per far crescere nel popolo di Dio la responsabilità nei confronti del Vangelo. Tra poco io consegnerò a Mikael il libro dei Vangeli non perché lo trattenga presso di sé gelosamente, ma perché faccia parte della sua ricchezza tutti i fratelli e le sorelle che gli saranno affidati. Le stesse parole che accompagnano il gesto dicono questo compito che gli viene affidato: “Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunziatore: credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”.
Caro Mikael, la Chiesa ti consegna ciò che ha di più prezioso insieme all’Eucarestia! È la Parola della vita, da cui devi essere plasmato, perché risalti in te l’immagine di Cristo, e che devi donare con larghezza di cuore, perché tutti possano abbeverarsi continuamente a questa fonte. Di questa Parola non sei padrone; ne sei custode e, soprattutto, ne sei annunciatore. Dalla tua bocca, come da limpida sorgente, scaturisca quest’acqua viva necessaria per dissetare i cuori inariditi; dal tuo esempio di uomo totalmente afferrato dalla forza della Parola, molti si sentano provocati a dare senso pieno alla propria vita. Quanto appropriate risultano al riguardo le parole che l’apostolo Giovanni ci ha rivolto poc’anzi nella lettura: “Figlioli miei, questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato” (1 Gv 1,5-7).
Caro Mikael, il Vangelo che viene posto nelle tue mani è luce perché dissipa le tenebre che offuscano la vita. Chi accoglie il Vangelo passa dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita. Lasciati sempre più possedere da questa luce e fa’ che nulla e nessuno offuschi mai lo splendore divino che deve illuminare tutta la tua persona. Diffondi attorno a te la luce, quella luce che viene in te dall’essere in comunione con lui, il Signore. Per questo tra poco ti chiederò se vorrai conformare a lui tutta la tua vita. Tu che sull’altare sarai messo a contatto con il Corpo e il Sangue di Cristo, devi da questa comunione vitale attingere quella forza che ti permetterà di essere icona visibile del grande diacono della storia che è il Signore Gesù. Tu sarai diacono autentico se imiterai sino in fondo, a costo anche della stessa vita, colui che è venuto non per essere servito ma per servire e dare la vita. Declina, come ha fatto lui, il verbo servire alle diverse situazioni in cui quotidianamente ti verrai a trovare, nei compiti che ti saranno affidati. Abbi come coordinate essenziali di riferimento le opere di misericordia corporale e spirituale. Esse sono una sintesi perfetta del Vangelo e soprattutto danno volto concreto al duplice comandamento della carità, fondamento di una vita cristiana piena. Non aver paura di sporcarti piedi e mani nel servire. Il tuo abito di lavoro sia il grembiule del cenacolo, che ti porta ad essere il buon samaritano che si ferma accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito per versare sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza.
Caro Mikael, evangelizza e insegna ad evangelizzare attraverso la carità, che è linguaggio universalmente comprensibile. Quando si vive la carità, il Vangelo non ha bisogno di parole umane che lo spieghino per essere capito. Parlano i fatti, che rendono visibile il Dio Amore che nel Vangelo si rivela. La tua diaconia, che dà carne alla diaconia di Cristo, renderà attraente il volto della Chiesa, che non sarà sentita lontana dal vissuto concreto della gente, anzi, in tanti avvertiranno la sua tenerezza di madre che accoglie e cura le ferite.
L’imposizione delle mie mani e la preghiera della Chiesa ti renderanno diacono per sempre. Non dismettere mai l’abito del servizio che indosserai tra poco per la prima volta. Anche da prete il grembiule abbilo sempre a portata di mano. Non tenerlo ben lavato, stirato e piegato, al punto tale da dimenticartelo in un angolo oscuro del tuo guardaroba, impregnato di naftalina. Tienilo sempre con te, pronto ad usarlo con tutti. E se delle preferenze devi avere nel servizio, scegli sempre quelle persone, quei luoghi, quelle situazioni a cui nessuno guarda perché poco attraenti e forse anche ripugnanti. L’offerta della tua vita che tra poco farai con l’assunzione dell’impegno del celibato, è il segno che non vuoi appartenerti più, perché vuoi consegnarti a Cristo per le mani della Chiesa, per avere la pienezza della libertà per il servizio. Si è celibi nel ministero non per disprezzo della sessualità e dell’affettività o per vivere spensierati da single, ma per essere pronti a servire senza misura la Chiesa e il mondo, sull’esempio di Cristo.
Caro Mikael, ti affido a Maria serva del Signore, colei che ha dato carne alla Parola eterna e che spinta dalla forza di questa Parola si è messa in cammino per vivere la concretezza del servizio nella casa di Elisabetta. Come lei e alla sua scuola, tieni acceso il fuoco della carità nel tuo cuore, alimentalo con l’ascolto della Parola e con la preghiera – ricorda che da oggi ti impegni alla preghiera quotidiana della Liturgia delle ore, che deve scandire il ritmo della tua giornata. Permetti allo Spirito di ispirarti scelte coraggiose che ti portano a non chiuderti mai alle necessità e alle sofferenze dei fratelli. Maria sia il grembo dove impari quotidianamente a crescere nel ministero e a vivere la gioia del dono. Buon cammino nel servizio e lascia, ovunque passerai, una scia di luce e di carità!