“Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie”.
Vogliamo raccogliere l’invito del salmista a far cantare la gioia del nostro cuore mentre contempliamo le meraviglie compiute dal Signore nella Vergine Maria, di cui celebriamo oggi il suo Immacolato Concepimento, e mentre invochiamo il dono dello Spirito su don Francesco Ramunni, figlio di questa nostra Chiesa, che riceve stasera l’ordinazione presbiterale. La gioia è grande perché onoriamo Colei che della Chiesa è inizio e accogliamo come dono chi, per pura grazia, è chiamato ad essere nella Chiesa segno di Cristo servo e pastore. Sì, la Chiesa gioisce stasera perché, mentre nell’Immacolata coglie la sua identità più profonda, nell’effusione dello Spirito che abilita Francesco al servizio nel popolo di Dio scopre sempre più la sua perenne fecondità ministeriale.
Volgiamo lo sguardo allora verso la Tota pulchra, da cui traspare in pienezza la bellezza divina, perché tutto in lei profuma di santità. Maria è il roveto ardente che ci parla di Dio e dinanzi al quale sentiamo di dover stare a piedi nudi, per timore di sporcare con le scarpe infangate dalle nostre umane fragilità questo capolavoro di grazia uscito dalle mani del Creatore. Stupore e meraviglia devono essere i sentimenti del cuore, quando sostiamo con gli occhi luccicanti di gioia dinanzi a questa creatura divenuta per pura grazia, cioè per dono gratuito dell’Onnipotente, Madre di Dio. Non la sentiamo però distante! La sua santità non alza un muro tra noi e lei, non ci allontana dal suo cuore. Anzi, crea attrazione perché il cuore dell’uomo, consapevolmente o inconsapevolmente, va alla ricerca di ciò che sa diffondere purezza, armonia, luce, fedeltà… e in Maria vi è tutto questo!
Con profonda convinzione, attraverso le parole che la Liturgia delle Ore mette sulle nostre labbra, rivolgendoci a lei, le diciamo: ”Ti seguiamo, Vergine Immacolata, attratti dalla tua santità”. Sì, ti segue o Maria la Chiesa, che vede in te il suo inizio e il suo modello; ti cerca perché sa che imitandoti realizza la sua vocazione di sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, chiamata ad essere “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG 1), e questo perché la gioia del Vangelo possa riempire il cuore e la vita di coloro che si incontrano con Gesù (cf EG 1).
Ti segue, in particolare, o Madre Santissima questo tuo figlio Francesco, che docile alla voce di Gesù e conquistato dalla sua proposta di vita è qui davanti a tutti noi per consegnare per sempre se stesso alla causa del Vangelo. Egli è consapevole che se vuole dare fecondità al suo ministero deve “essere sempre più strettamente unito a Cristo sommo sacerdote, che come vittima pura si è offerto al Padre per noi”. Questa certezza lo spinge stasera a consacrare tutto se stesso a Dio insieme a Gesù per la salvezza di tutti gli uomini, nella radicalità del dono della sua vita. E questa offerta egli la fa per tuo mezzo, o Madre Immacolata, perché sa che tu sei strumento privilegiato per realizzare una profonda comunione di vita con la Trinità.
Insieme a Francesco, io e il presbiterio di questa amata Chiesa di Conversano-Monopoli, ci impegniamo a seguirti, o Maria, perché sappiamo che solo impregnati di te, riflesso della santità di Dio, saremo capaci di santificare il popolo a noi affidato, per poter così andare incontro al Signore che viene in santità e purezza di spirito (cf Colletta).
Aiutaci o Maria a comprendere sempre più in profondità che Dio “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nelle carità” e che, resi figli adottivi mediante Gesù Cristo, in lui “siamo stati predestinati ad essere lode della sua gloria” (cf Ef 1,3-6.11-12).
Cari fratelli e sorelle! “Essere lode della sua gloria”! Questo è il fine della creazione! Per questo Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza; per questo, nonostante il peccato dell’uomo, che ha inferto una ferita alla sua opera, Dio ha voluto ricapitolare tutto in Cristo perché Egli fosse il primogenito della nuova creazione e la primizia dell’umanità rinnovata.
“Essere lode della sua gloria”! Maria, l’Immacolata glorificata regina alla destra del Figlio, è colei che ha già realizzato tutto questo. Tutta la sua vita è lode della gloria di Dio perché tutto in lei parla di Dio. Ogni fibra di questa creatura appartiene a Dio. Poteva nella sua libertà voltare le spalle a Dio, chiudendosi alla sua proposta. Invece ha obbedito: “ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. La sua fede ci dice che lei è stata libera di fronte al dono di Dio – l’essere stata creata immune da ogni peccato! – e nella sua libertà poteva dire di no, come Eva, a quanto Dio le chiedeva. Invece, “Eccomi”, è stata la sua risposta e Dio l’ha glorificata ponendo in lei la sua dimora.
Caro Francesco, anche nella tua vita Dio si è mostrato, ha rivelato il suo volto! Lo hai conosciuto man mano che crescevi in età, imparando anche a fidarti di lui. A me piace pensare che la prima scuola per educarti alla fede è stata la tua famiglia. Per questo voglio dire grazie ai tuoi genitori che, fedeli al compito assunto quando ti hanno portato al Battesimo, ti hanno aperto il cuore e la mente al mistero di Dio e hanno preparato così il terreno perché poi la proposta del Signore Gesù a seguirlo potesse trovare buona accoglienza. Forte della loro fede hai scoperto un Dio che ama e che merita di essere conosciuto e ti sei messo a cercarlo, dapprima nella parrocchia Maris Stella, dove aiutato dai Padri Barnabiti – non posso dimenticare in questo momento soprattutto il compianto P. Mimmo Fiorentino – sei maturato cristianamente, e successivamente nei Seminari diocesano e regionale, dove il seme della vocazione è cresciuto fino a farcene raccogliere oggi il frutto. Un grazie sincero lo voglio esprimere a tutti i sacerdoti che a vario titolo ti hanno accompagnato nel cammino di discernimento e di formazione. E sono tanti! Se oggi sei qui, pronto a ricevere il dono inestimabile dell’Ordine sacro del presbiterato, lo devi anche a loro, che ti hanno voluto e ti vogliono bene, e certamente non ti faranno mancare per il futuro la loro amicizia sacerdotale, fatta di vicinanza e di sostegno orante.
Caro Francesco, perché proprio a te, proprio a noi, il dono del sacerdozio ministeriale? Nessuno sa e può dare una risposta. Siamo nell’ordine della gratuità del dono di Dio. Possiamo solo dire che sei stato scelto perché Cristo, il Buon Pastore, ha bisogno di te e vuole servirsi del tuo cuore, della tua intelligenza, delle tue mani, dei tuoi piedi per continuare a farsi pellegrino nella storia degli uomini perché tutti scoprano che la loro vita ha senso solo se diventa “lode della gloria” di Dio. Noi siamo preti per portare gli uomini a Dio e per portare Dio agli uomini, come ha fatto Cristo, che ha consumato la sua vita per annunciare l’Evangelo, cioè la buona notizia dell’amore di Dio. Impara dal Maestro ad essere instancabile nel farti prossimo a tutti. Non essere sordo al grido che si leva dal cuore di tanti, che hanno bisogno della carezza della misericordia. Un pastore che vuole essere segno vivo ed efficace del Buon Pastore non può adagiarsi ad una vita di comodo, il cui appoggio sono le sicurezze umane, nell’illusione di trovare in esse le risorse per un efficace lavoro pastorale. No, il pastore deve avere in cuore la certezza che solo se si è strumenti docili nelle mani del Salvatore il mondo si salva, altrimenti il rischio è che si combatta una battaglia già persa in partenza. E… si rimane delusi e… si conosce la crisi! Non possiamo e non dobbiamo bruciare il dono di Dio.
Caro Francesco, il segreto della nostra fecondità e la via per superare la tentazione della mediocrità e dell’aridità, che tante volte si affaccia in noi pastori, sta nell’aprirsi al mistero di Dio, come ha fatto Maria, è nel coltivare l’amicizia con Cristo. Senza di lui siamo persi. Davvero le tempeste della vita, che non mancano mai, ci assalgono e ci distruggono. Non dimenticare che è lui a volerci suoi amici. Per questo ci ha chiamati: “per stare con lui”. Stare con lui dovrebbe essere soprattutto per noi preti il momento più bello della nostra giornata. E invece tante volte è relegato ai ritagli del nostro tempo, quando stanchi e frastornati dalle tante cose fatte ci sembra perfino che sia inutile la sosta orante con il Maestro!
Ricorda, anzi ricordiamo tutti … cosa possiamo offrire se il nostro cuore è povero di Dio? Daremo parole vuote e inutili, di cui la gente non sa che farsene. Pertanto, caro Francesco, vivi intensamente la preghiera personale e liturgica, educati all’ascolto intriso di preghiera della Parola, che deve farsi anzitutto carne in te per poter poi essere donata agli altri. Non dare mai nulla a coloro che ti saranno affidati che non sia passato prima dal tuo cuore e dalla tua preghiera! S. Ambrogio così oggi ci raccomandava nell’Ufficio di Lettura: “Raccogli l’acqua di Cristo. Raccogli da più luoghi l’acqua dei profeti. Riempine il fondo della tua anima, perché il tuo terreno sia innaffiato e irrigato da proprie sorgenti. Si riempie chi legge molto e penetra il senso di ciò che legge; e chi si è riempito può irrigare altri. La Scrittura dice: se le nubi sono piene di acqua, la rovesciano sopra la terra (Qo 11, 3)”. La celebrazione dell’Eucarestia quotidiana sia il balsamo per curare ogni ferita, tua e dei fedeli a te affidati. Vivi l’Eucarestia con coinvolgimento interiore e sia la scuola per imparare e far tuoi i sentimenti del Cuore di Cristo. Questo ti permetterà di essere pastore tra la gente e non un manager del sacro che dà cibi preconfezionati, spesso insipidi perché non nutrono la fede, ma anzi la affievoliscono. Un cuore che batte all’unisono con il Cuore di Cristo ti abiliterà a leggere i bisogni veri del nostro popolo e ti permetterà di fare della strada il luogo del tuo ministero. Come Gesù, entra nel vissuto concreto della gente, che si sentirà amata, e crescerà nella speranza, grazie alla tua semplice presenza fatta di tenerezza e amabilità. Permettimi, caro Francesco, di chiederti di non cadere nell’abitudine nell’esercizio del ministero. Quante volte facciamo le cose meccanicamente, senza metterci l’anima! Ogni incontro, ogni parola, ogni gesto deve nascere da un cuore sacerdotale appassionato di Vangelo e di popolo. Non annacquare la forza prorompente della Parola di Gesù. Presentala nella sua radicalità. Presentala però con un cuore traboccante di amore per il popolo, senza mai dimenticare quel che S. Agostino diceva in un suo discorso: “Officium amoris pascere dominicum gregem” (impegno d’amore è pascere il gregge del Signore).
Cari fratelli e sorelle, benediciamo il Signore per questo momento di grazia che stiamo vivendo e insieme eleviamo il canto di lode per le meraviglie che Dio ha compiuto nella Vergine Immacolata e che stasera sta realizzando anche in un figlio della nostra Chiesa. E con voi prego il Buon Pastore perché continui a rivolgere il suo sguardo di predilezione sui nostri giovani. Abbiamo bisogno di pastori; la Chiesa, il mondo ha bisogno di pastori santi, generosi e instancabili nel dare carne all’amore di Dio nella storia. Il nostro mondo rischia di desertificarsi se manca questo Amore. Chiediamoli per mezzo dell’Immacolata, chiediamoli con fede e Dio esaudirà la nostra preghiera. E ai giovani qui presenti dico: coraggio, non abbiate paura di mettere in gioco la vita per Cristo e per il Vangelo. Ne vale la pena. Dio saprà ricompensare la vostra generosità con la gioia vera, non quella effimera che dà il mondo, ma quella che viene dall’avere Cristo nel cuore. È lui la perla preziosa, è lui il tesoro di inestimabile valore! Rischiare per Cristo e con Cristo nella vita, sì, ne vale la pena!