Solennità dell’Immacolata Concezione

08-12-2018

Condotti per mano dall’evangelista Luca, la liturgia ci porta oggi sulla soglia di un’umile abitazione di Nazaret per essere coinvolti in un evento che non riguarda solamente la ragazza che ne è protagonista. È il futuro di tutta l’umanità che dipende da quel dialogo tra l’Angelo, inviato da Dio, e Maria, l’umile figlia di Sion, destinataria di un annuncio che darà una svolta alla vita degli uomini. In quell’oscuro angolo del mondo, sconosciuto ai più, gli occhi di Dio si sono posati su una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. Maria è ignara di quel che Dio ha pensato e ha già iniziato a realizzare in Lei dal momento del Suo concepimento. Ella probabilmente accarezzava i sogni e le speranze delle giovani del Suo tempo e del Suo villaggio. Il Suo orizzonte di vita si fermava ai confini di Nazaret o tutt’al più dei villaggi vicini. Mai Ella avrebbe pensato che proprio in Lei si dovevano compiere le promesse di Dio a favore del suo popolo, come tante volte aveva ascoltato nella Legge e nei Profeti. Ed ecco invece che Dio irrompe nella Sua vita, chiedendoLe di fargli spazio e di accogliere il suo progetto di salvezza.
Dopo una lunga gestazione, i tempi sono maturi perché possa nascere un nuovo mondo generato da quella Parola che aveva dato origine all’universo intero e che ora assumeva la carne degli uomini. In quella casa a Nazaret, povera di beni ma ricca di fede, Dio sta ricreando la storia, sta riportando tutto al suo progetto iniziale così mirabilmente delineato da S. Paolo nella seconda lettura, progetto ferito ma non distrutto dalla disobbedienza dei nostri progenitori all’alba della creazione. E come la ferita del peccato aveva visto protagonisti l’uomo e la donna, così ora la rinascita, la nuova creazione, aveva bisogno di un uomo e di una donna, che fossero le primizie di una nuova umanità. Sono Gesù e Maria coloro che prenderanno il posto di Adamo e di Eva, per dare origine all’umanità trasfigurata e risanata dal peccato e dalla morte. Con l’unica differenza che, mentre la prima donna fu plasmata da Dio servendosi di una costola di Adamo (cf Gen 2,21-23), il nuovo Adamo, il Cristo, doveva invece nascere da donna, perché in tutto potesse somigliare ai fratelli, di cui doveva essere il Salvatore, assumendone realmente la natura. Lei, Maria, doveva dare carne umana al Verbo eterno! Pur potendo Dio venire tra noi in maniera prodigiosa – il profeta Isaia così invocava l’intervento di Dio nella storia di Israele: “se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti” (Is 63, 19) – egli sceglie la via dello “svuotamento” come dice l’apostolo nella Lettera ai Filippesi, assumendo una condizione di servo, per poter essere simile agli uomini (cf Fil 2,7).
Questo è il cuore della rivelazione biblica su Maria e alla luce di questa verità – ovvero la Sua divina maternità – si comprendono i doni di cui Dio ha ricolmato questa nostra sorella, chiamata ad essere vera “madre di tutti i viventi” (Gen 3,20), quale nuova Eva. E il primo dono fatto a Lei fu proprio il Suo Immacolato Concepimento, che oggi nella gioia celebriamo. Per essere Madre del Figlio eterno di Dio, era necessario che tutta la Sua persona – la Sua anima, il Suo cuore, la Sua mente, il Suo grembo – fosse preservata dal peccato, per quella incompatibilità che c’è fra le tenebre e la luce, fra la morte e la vita. Dio prepara una degna dimora per il suo Figlio, plasmando una creatura che, salvata in anticipo dallo stesso Figlio, prima ancora che si realizzasse nella sua Pasqua di morte e risurrezione la redenzione del mondo, diventa per ciò stesso aurora del grande giorno di Dio, giorno di salvezza e di vita. Maria diventa perciò riflesso purissimo della bellezza di Dio, che La riempie della sua presenza. In quella espressione – “piena di grazia” – che rivela l’identità profonda di Maria, è condensata l’azione di Dio in Suo favore. La potenza dell’Altissimo, che quel giorno a Nazaret doveva coprirla con la sua ombra per renderla tabernacolo della Parola eterna che doveva farsi carne, un giorno era già intervenuta per santificarla e prepararla ad essere tempio purissimo di Dio: “nulla è impossibile a Dio”!
La solennità odierna è allora un invito a guardare con stupore e gratitudine alle meraviglie che Dio ha compiuto in Maria, ma non per sentirla lontana da noi. Anzi, in lei vogliamo vedere l’ideale della santità a cui siamo chiamati, una santità non irraggiungibile ma alla nostra portata, alla luce di quella che è la nostra comune vocazione: “in Cristo, il Padre ci ha scelti per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (cf Ef 1,4). L’essere Immacolata fin dal primo istante del suo concepimento ha reso Maria capace di un amore assoluto verso Dio. Nessuno come lei è stato capace di rispondere in pienezza all’amore di Dio. Non gli ha mai posto ostacoli, anche se poteva farlo nella sua libertà. Anche l’Eva della creazione era immacolata, era cioè uscita dalle mani di Dio integra nella sua bellezza originaria. Ma alla proposta di Dio, ha disobbedito, gli ha voltato le spalle, ed è caduta lei con Adamo nel baratro del peccato. Maria no. A Dio che le chiedeva di fargli spazio nella sua vita per accoglierlo e dargli un corpo, Maria ha detto il suo Eccomi incondizionato. Obbedisce nella fede e diventa per noi modello perché anche in noi la Parola possa farsi carne. La santità a cui siamo chiamati è questa: permettere a Cristo di vivere in noi, perché trasformati dalla sua presenza possiamo essere riflesso dell’amore eterno di Dio nella storia. Così Maria diventa inizio della Chiesa, perché in lei tutti i credenti trovano la sorgente ispiratrice della loro fede.